PERCHÉ E COME OCCORRE RIDURRE IL CUNEO FISCALE E CONTRIBUTIVO SULLE BUSTE-PAGA

UNA DICHIARAZIONE DI ELSA FORNERO SU DI UN PROGETTO DI INCENTIVAZIONE DEGLI INVESTIMENTI DELLE IMPRESE SUL CAPITALE UMANO FORNISCE LO SPUNTO PER ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL MODO MIGLIORE DI USARE L’INCENTIVO ECONOMICO PER MIGLIORARE LA PERFORMANCE DEL NOSTRO MERCATO DEL LAVORO

Intervista a cura di Nando Santonastaso, pubblicata sul quotidiano Il Mattino il 24 agosto 2012.
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Professor Ichino, come è possibile, tecnicamente, abbassare la pressione fiscale sui salari, senza tornare a far salire il deficit del bilancio pubblico?
C’è, ovviamente, innanzitutto un problema di copertura finanziaria. Lo si può risolvere in parte con i risparmi di spesa derivanti da altri provvedimenti: per esempio, il progetto di
riordino degli incentivi alle imprese elaborato da Francesco Giavazzi con il suo gruppo di lavoro potrebbe portare a risparmi per 10 miliardi circa all’anno. Il Pd propone un aumento dell’imposizione sui grandi patrimoni. Altre coperture potrebbero essere cercate attraverso una valorizzazione più attenta del patrimonio pubblico: per esempio le concessioni demaniali. E anche attraverso un’azione più attenta e capillare di individuazione ed eliminazione di sprechi nelle amministrazioni pubbliche.

Ma come potrebbe avvenire la riduzione del “cuneo” sulle retribuzioni?
Il ministro Fornero ha parlato di un premio alle imprese che investono sulla formazione. In realtà questo premio già c’è: è costituito dal forte sgravio contributivo previsto per
i rapporti di apprendistato. A me parrebbe che oggi la priorità vada data a un forte incentivo volto ad aumentare drasticamente l’occupazione femminile e quella dei sessantenni.

Un trattamento fiscale speciale per le donne non costituirebbe discriminazione di genere?
No, se fosse impostato come “azione positiva” volta a conseguire l’obiettivo fissato dall’Unione Europea, cioè un tasso di occupazione femminile del 60 per cento. Oggi in Italia siamo al 46 per cento, e siamo fermi da vent’anni.

E per i sessantenni a che cosa pensa?
Qui la situazione occupazionale è ancora più grave: siamo a un terzo di occupati nella fascia degli over 55, a fronte dei due terzi di occupati dei Paesi del nord-Europa. Qui la misura ideale potrebbe essere costituita da uno sgravio contributivo, anche totale. Potrebbe ripagarsi in gran parte da solo, perché lo sgravio, combinato con le nuove norme pensionistiche, potrebbe portare un notevole aumento dei sessantenni occupati: è proprio quello di cui abbiamo bisogno.

Ma non è contraddittorio puntare all’aumento del tasso di occupazione degli anziani, e nello stesso tempo dire che occorre aumentare il tasso di occupazione giovanile?
Niente affatto. Tutti i dati disponibili mostrano come i Paesi che hanno i tassi di occupazione più alti nella fascia degli over 55 abbiano anche tassi di occupazione corrispondentemente più alti nella fascia tra i 18 e i 30. La realtà, sul piano macro-economico, è che il sessantenne che continua a lavorare non porta via affatto il lavoro al più giovane, ma continua a produrre ricchezza senza “succhiare” risorse pubbliche; e le risorse liberate da ciascuna pensione risparmiata possono essere investite in servizi che generino nuova domanda di manodopera giovanile.

Recuperare il potere d’acquisto in tempi di recessione è una necessità; ma se aumentano tutte le tariffe non è un serpente che si morde la coda?
Gli sgravi fiscali e contributivi di cui abbiamo parlato hanno carattere selettivo: sono destinati, cioè, a incentivare l’occupazione in segmenti determinati, attualmente svantaggiati, che quindi vengono, in questo senso, privilegiati. Certo, questo significa che in tutti gli altri segmenti restano soltanto gli aumenti delle tariffe, che erodono il potere di acquisto dei lavoratori e quindi riducono la domanda di beni di consumo. Appena sarà possibile occorrerà operare una riduzione generale del prelievo fiscale sui redditi di lavoro, incominciando da quelli che si collocano nella fascia dei 1000 euro al mese. Anche prima di allora, dobbiamo comunque fare tutto il possibile perché aumenti la produttività del lavoro degli italiani, in modo che aumentino anche le loro retribuzioni. Quando parliamo di crescita, parliamo essenzialmente di questo. È difficile, ma non c’è altra strada.

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