PERCHÉ IL CALCOLO “RETRIBUTIVO” DELLA PENSIONE NON PUÒ (PIÙ) ESSERE CONSIDERATO UN DIRITTO

L’AGGANCIO DELLA PENSIONE ALL’ULTIMA RETRIBUZIONE (SOLITAMENTE SUPERIORE ALLA MEDIA DELLA VITA LAVORATIVA)  IMPLICA UN CONTRIBUTO DELLO STATO, CHE, OLTRE A ESSERE ORMAI INSOSTENIBILE, È RITENUTO IRRAGIONEVOLE DALLA GRANDE MAGGIORANZA DI QUEGLI STESSI EUROPEI AI QUALI CHIEDIAMO DI CONDIVIDERE I NOSTRI DEBITI

Messaggio pervenuto il 6 settembre 2012 – Segue la mia risposta – In argomento v. anche il disegno di legge che presenterò nei giorni prossimi al Senato, insieme a numerosi altri senatori del Pd e, con specifico riferimento alla questione dei numerosissimi “esodati” delle Poste italiane,  un articolo di Giuliano Cazzola su Mondoperaio dell’agosto 2012

Spero che questa mail sia sottoposta alla sua attenzione, e non finisca subito nel cestino di chi è addetto al riscontro della sua posta elettronica. Magari, chissà, sarebbe bello ricevere una risposta…
E spero anche che sia letta attentamente fino in fondo.
Mi presento: Patrizia Falcone, esodata delle peggiori. Ho lasciato il lavoro a fine maggio 2010 all’età di 55 anni, con 30 anni di servizio. All’epoca bastavano per avere un assegno di pensione dignitoso. Ex dipendente di Poste Italiane, ho avuto un incentivo miserrimo. Dovevo aspettare 5 anni senza pensione nè stipendio, certa che compiuti i 60 anni avrei percepito il mio assegno di circa 1000 euro che dignitosamente mi avrebbe permesso di affrontare la vecchiaia aiutando anche i miei figli a sopravvivere nell’incerto mondo del lavoro. Oggi i miei 5 anni di attesa si sono trasformati in 12 anni e 6 mesi. Vivrò tanto a lungo da vedere la mia pensione? Mio marito sarà in grado di lavorare fino alla sua? E se succedesse qualcosa nel frattempo dove andremo a vivere, sotto un ponte? E i progetti di vita che avevamo sia noi che i nostri figli? Oggi il governo sta “salvando” parecchi di noi, ma è assolutamente anticostituzionale che uno stato tratti  i propri cittadini adottando due pesi e due misure. Da parte delle forze politiche si sta spingendo affinchè chi vuole possa andare con il sistema contributivo purchè abbia 35 anni di servizio. Beh, premetto che io non li ho perchè quando ho lasciato il lavoro 30 anni erano sufficienti ad ottenere una pensione non molto alta ma decorosa. Non ho versato contributi volontari perchè a fronte di un versamento mensile molto alto per 5 anni la pensione non sarebbe aumentata che di una cinquantina di euro al mese ed io non potevo, già senza stipendio, affrontare una spesa simile  e poi non ne valeva la pena. Ma a parte questo OBBLIGARE, (PERCHE’ CON L’ACQUA ALLA GOLA) LE PERSONE AD ACCETTARE UNA PENSIONE CALCOLATA COL SISTEMA CONTRIBUTIVO E’ QUALCOSA DI ESTREMAMENTE IMMORALE  poichè  percepirebbero quanto i destinatari delle pensioni sociali che non hanno mai lavorato oppure in meno dei destinatari delle pensioni baby!!! I fondi per poterci mandare tutti? Beh, cominciamo a prenderli da coloro che hanno sempre beneficiato di privilegi, poi passiamo ad introdurre una  tassa patrimoniale, continuiamo a tassare i beni di lusso, non possiamo togliere sempre ai poveri, cominciamo a prendere i fondi da chi può. E’ più facile reperire fondi prendendoli dalla massa, ma la massa è ridotta proprio maluccio, ed è specialmente la massa a far girare l’economia del paese, se la massa non ha soldi da spendere le industrie arrancano, a loro volta pagano meno tasse se la produzione è ridotta, e mettono a casa unità lavorative. E’ tutto un circolo vizioso. Ad ogni modo, “salvati” i primi 65.000 e poi gli ulteriori 55.000, a conti fatti se ben guardiamo io sono certa che di noi ne resteranno pochi, non credo a quel balletto di cifre, e per questi pochi non sarà fatto niente. Ma se pure fossimo in tanti, a maggior ragione non si possono lasciare tante famiglie nella disperazione. Si potrebbe stilare una graduatoria di merito, salvando man mano chi ne ha più diritto, ma salvando alla fine tutti. Non è colpa nostra se lo stato ci ha cambiato le carte in tavola durante il gioco!  Saremmo disposti a tornare al lavoro, ma le nostre aziende non ci rivogliono indietro e nel mondo del lavoro dove milioni di giovani cercano e non trovano non c’è proprio spazio per gli ultracinquantacinquenni, anche se vantano una provata esperienza lavorativa e, nel mio caso, anche un’ottima provata affidabilità (dirigevo un ufficio postale). Ho inviato decine di curricula, ma niente si è mosso.
Pensi che mediamente in ognuna delle nostre famiglie le persone in pena sono 4, le moltiplichi per il numero presunto degli esodati, se dovesse essere vero che siamo circa 400.000 di cui 110.000 salvati, allora allo stato ci sono circa un milione di persone in pena. Ed è un problema che va risolto prima delle prossime elezioni. Noi stiamo ad osservare ed aspettare in una risoluzione positiva per TUTTI.
le porgo cordiali saluti sperando in una risposta.
Patrizia Falcone del Comitato Esodati.

Il sistema di calcolo retributivo implica che la pensione è calcolata per intero sulla retribuzione dell’ultimo periodo, e non sulla media dell’intera vita lavorativa; poiché normalmente la retribuzione dell’ultimo periodo è di molto maggiore rispetto a quella della prima parte della vita lavorativa, questo presuppone che i contribuenti o le nuove generazioni di lavoratori ci mettano la differenza. Il sistema contributivo, invece, significa che, nella determinazione della rendita al momento del pensionamento, ogni euro di pensione prevista secondo le tabelle attuariali corrisponde a un euro di contribuzione, più i relativi interessi maturati nel tempo. A mio parere, è ingiusto – oltre che ormai insostenibile – che lo Stato continui a dedicare quasi per intero la propria spesa pensionistica alla copertura di quella differenza; e ancor più ingiusto che la si accolli (mediante il debito pubblico) alle nuove generazioni. Lo Stato deve spendere per le persone che hanno bisogno di assistenza; ma non si può sostenere che tutti i cinquantacinquenni senza lavoro hanno bisogno di assistenza. Se non sono in grado di trovare una nuova occupazione, essi hanno diritto a un congruo e dignitoso trattamento di disoccupazione, basato su di un rapporto assicurativo (che è cosa ben diversa da un prepensionamento retto da motivazioni assistenzialistiche). Ed è proprio ciò che il mio progetto prevede per i casi come quello della nostra lettrice. Questo non lo penso solo io: lo pensa anche una larga maggioranza degli italiani. Ma ciò che conta di più è che lo pensa una larghissima maggioranza di quegli stessi europei, ai quali stiamo chiedendo di farsi carico anche dei nostri debiti. (p.i.)

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