SUPERARE SIA IL LAVORO PRECARIO, SIA IL LAVORO INGESSATO

CON LA PRESA DI POSIZIONE DEL LEADER DELLA UIL E DEL NUMERO DUE DELLA CISL, CHE FANNO SEGUITO A QUELLA DELLA PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, I TEMPI APPAIONO MATURI PERCHE’ SI APRA UN TAVOLO DI NEGOZIATO TRA LE PARTI SOCIALI SUL PROGETTO PER LA TRANSIZIONE A UN REGIME DI FLEXSECURITY

Intervista a cura di Alessandro Farruggia, pubblicata il 16 marzo 2009 su la Nazione, il Giorno e il Resto del Carlino

Professor Ichino, ferve il dibattito sui “soldi veri” per l’economia in crisi. Quali soldi e presi dove?

Nell’immediato è necessario un forte sostegno del reddito per chi perde il lavoro e non ha alcun trattamento di disoccupazione. E questo è possibile solo se lo Stato se ne fa carico. ma, in prospettiva, è indispensabile costruire un sistema capace di reggersi da solo senza chiedere soldi allo Stato.

Lei sta lavorando a un progetto per la transizione a un regime di “flexsecurity”. Può essere questa la strada giusta?

Io ne sono convinto per due motivi. Primo: occorre coniugare il sostegno del reddito per chi perde il posto con servizi molto efficienti di riqualificazione e di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione. Secondo: questi servizi efficienti nel nostro Paese oggi non ci sono: possono essere realizzati soltanto dalle imprese, se hanno un forte incentivo economico a farlo.

Come funzionerebbe l’incentivo, secondo il suo progetto?

Il nuovo diritto del lavoro abolisce al tempo stesso il lavoro precario e il lavoro ingessato. Per poter applicare il nuovo regime ai lavoratori che assumeranno d’ora in poi, le imprese devono impegnarsi a garantire loro, interamente a proprie spese, in caso di licenziamento per motivi economici, sia il trattamento di disoccupazione alla nordeuropea, sia i servizi efficienti di riqualificazione e ricollocazione. Questi servizi dovranno per forza essere efficienti, perché altrimenti i periodi di disoccupazione si allungheranno troppo e il tutto costerà troppo.

Le obiettano che una riforma di questo genere non si può fare in un periodo di recessione.

E’ vero il contrario: è proprio per contrastare la recessione che occorre una riforma di questo tipo. Essa favorisce le nuove assunzioni con rapporti di lavoro di buona qualità, senza toccare in alcun modo la posizione di chi ha già un lavoro stabile.

La Cisl e recentemente anche la Uil si sono già espresse a favore di questo progetto. E il mondo dell’industria?

Ultimamente ben 75 imprese di medie e grandi dimensioni, di tutte le parti d’Italia, hanno scritto una lettera aperta al ministro del Lavoro per chiedergli di far camminare questo progetto. Tra queste, anche imprese del calibro di Manpower, della ST Microelectronics, della Ferrari di Maranello. E anche la presidente di Confindustria, al World Economic Forum di Davos, ha preso una posizione nettamente favorevole.

Ma poi non pare che abbia posto il problema al governo.

Comunque il Ministro Sacconi ha risposto alla lettera aperta delle imprese, e a un’altra analoga inviatagli da un gruppo di centinaia di giovani, dichiarandosi pronto a discuterne se l’opposizione è disponibile. Nelle file della maggioranza anche Giuliano Cazzola, sia pure con una certa prudenza, ha preso una posizione favorevole.

Nel Pd molti si sono espressi decisamente a favore del suo progetto: da Veltroni a Letta, a Chiamparino, a Morando, a Penati e Martina. Ma la Cgil potrebbe mai accettare una proposta simile? E’ culturalmente pronta?

La Cgil come tale probabilmente non prenderà posizione. Ma alcuni suoi dirigenti nazionali stanno studiando il progetto e hanno già manifestato interesse e apertura. D’altra parte, quale sindacato serio potrebbe opporsi a una legge che, per un verso, non tocca in alcun modo la posizione dei lavoratori già in azienda, per altro verso offre alle nuove generazioni una prospettiva di lavoro molto migliore di quella che si offre loro oggi?

 

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