“MA CHE RUOLO HA LEI OGGI NEL PD”?

L’IMPEGNO PER UN MOVIMENTO CAPACE DI PROMUOVERE LA NECESSARIA RIFORMA DEL DIRITTO DEL LAVORO E DEL SISTEMA DI RELAZIONI INDUSTRIALI

29 maggio 2008

Egregio prof Ichino,

ho sempre letto molto volentieri i Suoi articoli sul Corriere e mi dispiace molto leggere ora il Corriere e non trovare la Sua firma. Ho sempre votato la sinistra ma dopo la delusione del Governo Prodi mi sono decisa a votare Berlusconi. E mi è dispiaciuto molto vederla candidato nel PD.

Non capisco davvero la Sua ostilità sulla detassazione dello straordinario. Lei ritiene che siano penalizzate le donne ma non è vero. Nessuna donna lo dice, non lo dice Emma Marcegaglia, non lo dice nessuna statistica o sondaggio. Io sono una donna che fa spesso straordinario (sono ingegnere gestionale) e trovo positiva la decisione di questo Governo. Non ho famiglia ma penso che tutte le donne se vogliono guadagnare di più devono impegnarsi di più e meritarlo.

E poi è una sperimentazione, vediamo cosa succede.

Non è che questa Sua presa di posizione contro la detassazione degli straordinari Le ha impedito di essere nominato presidente della Commissione Lavoro?

E poi come mai è Tiziano Treu il vice presidente e non Lei? Che ruolo ha oggi Lei nel Pd, se non è neppure Ministro ombra? Allora non era meglio accettare la proposta di Berlusconi?

E’ un peccato perchè a me sarebbe piaciuto molto vederla Ministro del lavoro.

Cari saluti

L. B.

Andiamo con ordine.

1. Detassazione degli straordinari: non è una guerra di religione – Il PD non è contrario alla detassazione degli straordinari in sé. E non lo sono neanch’io; ritengo soltanto (come ho cercato di spiegare nell’intervista a Repubblica della settimana scorsa: Critica di una misura molto popolare) che sarebbe meglio destinare prioritariamente le scarse risorse disponibili, oltre che alla detassazione dei premi legati ai risultati aziendali, anche e soprattutto all’incentivazione del lavoro delle donne: è questa la grande riserva cui attingere per far crescere il Paese più in fretta (siamo sotto di oltre 10 punti percentuali rispetto allo standard comunitario), molto più che il lavoro straordinario. Su questo punto le segnalo anche un recentissimo articolo di Alberto Alesina e Andrea Ichino.

2. Opinioni e poltrone– Quanto alla seconda questione posta nella sua lettera, non penso proprio che sia stata l’opinione espressa sulla detassazione degli straordinari a indurre la maggioranza in Senato a cambiare idea circa la mia elezione alla Presidenza della Commissione Lavoro (v. in proposito la mia risposta alla lettera precedente); ma se anche le cose fossero andate come lei ipotizza, meglio non essere Presidente della Commissione, che esserlo al prezzo di una reticenza o di un equivoco.

La sola “forza” politica di cui dispongo consiste nella fiducia che i miei lettori ed elettori ripongono nel mio impegno a continuare a dire liberamente quello che penso, in modo esplicito e diretto, senza condizionarlo ad alcun mio interesse personale, come ho sempre fatto. Non ho cercato il seggio senatoriale: l’ho accettato per non disattendere una precisa proposta politica che mi è stata rivolta dal vertice del PD. Non sono desideroso di conservare questo seggio a tutti i costi: lo lascerò volentieri, se mi convincerò che quella proposta non sia realizzabile. Non ho esitato a rinunciare all’incarico di ministro del Lavoro offertomi da Silvio Berlusconi, perché accettarlo avrebbe inevitabilmente comportato impegnarmi a fare e dire anche cose di cui non sono convinto: un ministro deve impegnarsi a ubbidire al proprio Presidente del Consiglio.

Non sto sostenendo che questo sia l’unico modo in cui si deve fare politica; e neppure che questo sia il modo migliore. Dico che questo è, nelle circostanze attuali, il solo modo in cui posso fare politica io, per la mia storia personale e per il rapporto che mi lega ormai da molti anni a centinaia di migliaia di miei lettori.

3. Il mio ruolo attuale nel PD e in Parlamento – Quanto, infine, al mio ruolo nel PD, esso consiste nell’arricchire il DNA di questo partito, il suo patrimonio programmatico, del contributo che posso dare nella materia delle politiche del lavoro (ovviamente affinandolo e verificandolo nel confronto con tutti gli altri contributi). Questo è già avvenuto abbastanza visibilmente nella materia del lavoro nelle amministrazioni pubbliche, che non per caso costituisce un campo di mio impegno prioritario, in questo avvio di legislatura (v. in proposito il disegno di legge presentato il 5 giugno scorso, che riprende, con notevoli integrazioni, quello elaborato da me e presentato nella legislatura precedente da Antonio Polito al Senato e da Lanfranco Turci alla Camera, e ora è firmato anche dalla Presidente del Gruppo del PD Anna Finocchiaro e dal Coordinatore del Governo-ombra Enrico Morando). Confido che lo stesso avvenga presto, in ugual misura, anche nelle materie della riforma del sistema delle relazioni industriali e della riforma del diritto del lavoro: il PD può e deve diventare la forza trainante di un nuovo movimento su questo terreno.
Prima che questo processo di assimilazione si sia adeguatamente compiuto, mi sembra saggio affidare ad altri la responsabilità delle politiche del lavoro nel Governo-ombra. A me, invece, il compito di promuovere, nel Paese e in Parlamento, il movimento per la riforma, per dare un contenuto concreto e incisivo all’obiettivo, posto nel programma elettorale del PD, di realizzare nel nostro Paese “il modello della migliore flexicurity europea”. Raccogliendo intorno a questo obbiettivo tutti coloro che credono nell’urgente necessità di questa battaglia.

p.i.

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