SULLE PROFESSIONI SENZA ORDINE

IL SENATO CORREGGE ALCUNI GRAVI ERRORI NEL DISEGNO DI LEGGE, APPROVANDOLO IN SECONDA LETTURA CON ALCUNE RILEVANTI MODIFICHE

Interventi svolti in Senato, nel corso delle sedute pomeridiana del 14 e antimeridiana del 15 novembre 2012, nella discussione del disegno di legge n. 3270 sulle professioni non regolamentate

INTERVENTO NELLA SEDUTA POMERIDIANA DEL 14 NOVEMBRE

[…]

ICHINO (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ICHINO (PD). Signora Presidente, vorrei fare soltanto due notazioni di carattere strettamente tecnico-giuridico. Quando utilizziamo concetti già presenti nel codice civile per individuare fattispecie contrattuali, di carattere generale o specifico, dobbiamo farci carico della esigenza di coerenza generale con il sistema di definizione dei contratti. Dobbiamo stare attenti, per un verso, a non scompaginare il sistema e, per l’altro, a non compiere interventi che rischiano di risultare del tutto privi di significato.
Nel codice civile il lavoro umano dedotto in contratto è suddiviso in tre grandi categorie: la prima è quella del lavoro personale assoggettato ad obbligo di obbedienza nei confronti del datore di lavoro, cioè il lavoro subordinato; la seconda è l’attività personale del lavoratore non assoggettato all’obbligo di obbedienza, cioè il lavoro autonomo; la terza è il lavoro dell’imprenditore, un’attività organizzata con capitale materiale e il lavoro di altre persone, cioè l’appalto.
Nel provvedimento in esame definiamo la fattispecie oggetto della relativa disciplina come «attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo». In questa definizione il lavoro intellettuale non è il dato prevalente, essendo sufficiente il concorso del lavoro intellettuale; ma questo elemento è presente in ogni attività di lavoro impiegatizio, di lavoro autonomo e di lavoro imprenditoriale. Si potrebbe pensare che ci riferiamo a qualsiasi prestazione di lavoro umano indipendente; senonché, nell’ultimo comma dello stesso articolo 1, ci riferiamo alla medesima attività affermando che essa può essere svolta anche «nella forma del lavoro dipendente». La definizione, a questo punto, si estende a qualsiasi attività umana che abbia un minimo di contenuto intellettuale, escluse soltanto le attività definite e organizzate in ordini o albi.
Questa definizione è assolutamente troppo ampia se vogliamo riferirci a ciò a cui vogliamo riferirci in questo caso. Ma la confusione raggiunge l’acme nel momento in cui affermiamo che, nell’ipotesi in cui questa attività è svolta in forma di lavoro dipendente, i contratti di lavoro collettivi devono garantire l’autonomia del prestatore. Ma questa attività è dipendente o è autonoma? Se intendiamo disciplinare un’attività di lavoro autonomo, sgombriamo il campo da questo equivoco; se vogliamo disciplinare un’attività di lavoro subordinato, non possiamo contraddire la natura stessa della prestazione che caratterizza il lavoro subordinato affermando che deve essere svolta in autonomia.
Queste contraddizioni e indeterminatezze nella definizione della fattispecie oggetto della nuova disciplina rischiano di inficiare il senso stesso dell’operazione complessiva che vogliamo compiere con questa legge. Quindi, credo sia seriamente consigliabile un momento di riflessione per chiarire a noi stessi le idee su ciò che vogliamo fare e su cosa vogliamo disciplinare.
Qui non è chiaro che cosa vogliamo disciplinare. Poi, magari, discuteremo anche su come disciplinarlo, ma se non abbiamo chiaro neppure cosa vogliamo disciplinare, mi sembra che veramente non facciamo un buon servizio al Paese.

[…]

INTERVENTI NELLA SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 15 NOVEMBRE

ICHINO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ICHINO (PD). Signora Presidente, vorrei motivare il voto contrario del mio Gruppo su tutti gli emendamenti firmati dai colleghi Castro e Sacconi tranne l’1.312, del quale dovrebbe essere presentata una riformulazione. Il motivo di questo voto contrario è che in quegli emendamenti si esprime la pretesa che la qualifica di «professionista» debba essere riservata soltanto a chi esercita professioni organizzate in ordini o albi. Ora, questa pretesa contrasta con il lessico del codice civile il quale, all’articolo 2229 (la rubrica dell’articolo è: «Esercizio delle professioni intellettuali»), dice: «La legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi.». Ciò significa che esiste una grande categoria, una nozione di carattere generale, individuata dall’espressione «professioni intellettuali», nell’ambito della quale esiste una sottocategoria, o sottoinsieme, costituito da quelle professioni per le quali è necessaria l’iscrizione a un albo o ordine. Questo significa che sono «professioni intellettuali» anche quelle per le quali non è richiesta l’iscrizione ad albi o ordini, e può qualificarsi come «professionista» chiunque le eserciti.
La pretesa di avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti o medici di essere essi soltanto «professionisti» è dunque del tutto infondata. La tutela dell’affidamento del cliente è data dal fatto che solo l’avvocato iscritto all’ordine può chiamarsi «avvocato», non che solo lui possa chiamarsi «professionista»; dal fatto che solo l’architetto iscritto può chiamarsi «architetto» ma non che solo lui possa chiamarsi «professionista». Quindi non vediamo per quale motivo dobbiamo privare l’altra metà del cielo professionale, chiamiamola così, della denominazione che il codice civile le ha riservato e che anche nella prassi quotidiana dei traffici noi riserviamo a chiunque eserciti in modo continuativo e prevalente, e con una competenza specifica, la propria attività.
Noi nutriamo, semmai, qualche perplessità sull’altro versante di questo articolo 1, cioè sulla parte nella quale, estendendosi il campo di applicazione di questa legge all’area del lavoro subordinato, il campo stesso resta del tutto indefinito. Perché dire che la legge si applica a tutti i subordinati che, nella loro attività, esercitino una qualche facoltà intellettuale, significa ricomprendere nei destinatari della nuova disciplina quantomeno l’intera categoria impiegatizia e l’intera categoria dirigenziale. Ma questo è un altro problema che io auspico possa essere risolto con una riformulazione del comma 2. Darà comunque un contributo ridurre la rilevanza della questione, eliminando l’ultimo periodo del comma 5, l’emendamento 1.312 nella sua riformulazione (*). Ma, ripeto, si tratta di un discorso a parte, che riguarda il versante della legge riferito al lavoro subordinato. (Applausi del senatore Legnini).

[…]

(*) Emendamento a prima firma del sen. Castro, che verrà poi approvato a maggioranza, con il voto favorevole del Gruppo Pd e di una parte del Gruppo PdL. (n.d.r.)

ICHINO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ICHINO (PD). Signora Presidente, intervengo per annunciare a titolo strettamente personale il mio voto favorevole all’emendamento 1.301 (*) che, a mio avviso, offre una ridefinizione del campo di applicazione della legge molto più chiara e limpida rispetto al testo base, che altrimenti passerebbe così com’è. Credo che su questo punto un ripensamento più attento da parte del Governo e della relatrice potrebbe portare all’accoglimento dell’emendamento, anche con qualche modifica, ma con un miglioramento netto, comunque, in termini di qualità della scrittura della norma, che poi è quella che dà il segno complessivo della legge.
Su questo punto, lo ripeto, non rappresento il mio Gruppo, ma esprimo solo la mia posizione personale.

[…]

(*) Emendamento della sen. Poretti, sul quale poi convergerà il voto di tutto il Gruppo Pd. (n.d.r.)

ICHINO (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ICHINO (PD). Signora Presidente, chiedo di aggiungere la mia firma all’emendamento 1.306 (*), dal momento che la formulazione attuale mi sembra francamente vessatoria nei confronti di quegli stessi liberi professionisti che invece la legge vuole sostenere.

[…]

(*) Emendamento del sen. Musso, tendente a eliminare l’obbligo per gli esercenti professioni intellettuali non regolamentate di indicare sulla propria carta intestata tale caratteristica delle professioni stesse. L’emendamento è stato approvato a maggioranza dal Senato, con il voto favorevole del Pd e di una parte del PdL (n.d.r.)

 

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