SUI PRIMI PASSI DI BERSANI PER LA SOLUZIONE DELLA CRISI DI GOVERNO

L’INCONTRO PRELIMINARE CON LE PARTI SOCIALI GLI SERVE PIÙ CHE ALTRO SUL PIANO DELLA COMUNICAZIONE – UN PROBLEMA: SE BERSANI INTENDE FAVORIRE LE ASSUNZIONI A TEMPO INDETERMINATO RISPETTO A QUELLE A TERMINE, C’È UNA CONTRADDIZIONE DA RISOLVERE NEL SUO PROGRAMMA IN MATERIA DI POLITICA DEL LAVORO

Intervista a cura di Antonio Vanuzzo pubblicata su Linkiesta, 24 marzo 2013

«Senza comunanza di obiettivi la concertazione diventa un vero e proprio freno a  mano per un Governo che voglia operare tempestivamente e incisivamente». Pietro  Ichino, senatore di Scelta Civica, spiega così a Linkiesta l’idea di  Bersani di consultarsi prima con le parti sociali, e poi con i partiti. Per il  giuslavorista ex Pd, è necessario che il premier incaricato provveda subito a  diminuire «il diaframma tra domanda e offerta di manodopera». Come? «Riducendo  la rigidità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato». Altrimenti, riflette  Ichino, «dica chiaramente che per la ripresa dobbiamo puntare sui contratti a  termine e di lavoro a progetto».
Professor Ichino, come giudica la scelta di Bersani di incontrare in primis le parti sociali?
Questa mossa serve sul piano della comunicazione, innanzitutto, per mostrare attenzione a ciò che la società civile domanda alla politica. Ma serve a Bersani anche sul piano politico, per potersi presentare agli altri partiti come portatore di una istanza urgente.  Come dire, anche a Grillo: voi qui fate i vostri giochi di palazzo, ma intorno c’è un Paese che soffre, che non può attendere oltre.

Cosa si aspetta che possa uscire dall’incontro con le parti sociali?
Non molto di nuovo sul piano dei contenuti. Sindacati e associazioni imprenditoriali ribadiranno le richieste che hanno espresso in questi giorni e che ormai tutti conosciamo; Bersani sottolineerà con ciascuna parte quelli, tra i suoi “otto punti”, che meglio si prestano a essere presentati come risposte alle richieste che gli saranno state rivolte. La genericità di ciascuno di quegli otto capitoli programmatici consente di far dire loro una gamma molto ampia di cose.

La concertazione è un modus operandi ancora valido?
Se tra Governo e rappresentanti delle parti sociali c’è una visione comune almeno circa gli obiettivi da raggiungere e i vincoli da rispettare, sì: la concertazione può dare al Paese una marcia in più. Ma se quella visione comune manca, questo metodo può significare sostanzialmente l’attribuzione di un potere di veto a una parte. E allora la concertazione diventa un vero e proprio freno a mano per un Governo che voglia operare tempestivamente e incisivamente.

Quali sono i temi più urgenti sull’agenda per lavoratori e imprese?
Ciascuna parte indica le sue priorità: i sindacati chiedono la riduzione del carico fiscale sui redditi di lavoro e le associazioni imprenditoriali la chiedono sui redditi di impresa; credo che in effetti questa sia una delle priorità che il Governo deve fare sue. Le imprese del terziario chiedono che venga ridotta, o comunque non aumentata, l’Iva; e se si vogliono stimolare i consumi anche questo dovrebbe essere un obiettivo di primaria importanza. Poi c’è il pagamento dei debiti dello Stato verso le imprese, che l’UE ha in buona parte sbloccato. Ma per lavoratori e imprese è urgente anche un intervento che riduca il diaframma tra domanda e offerta di manodopera: semplificazione della normativa e riduzione del cuneo previdenziale, avvio della sperimentazione di un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato meno costoso e meno rigido.

Però non è realistico che Bersani accetti nel proprio programma di governo una riduzione delle protezioni della stabilità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Certo, qui c’è un grosso problema politico. Ma lo stesso Bersani dice che vuole rendere più conveniente per le imprese assumere con un contratto a tempo indeterminato rispetto al contratto a termine. Ora, per questo non basta ridurre di qualche punto percentuale la contribuzione previdenziale, ma occorre anche ridurre la rigidità del rapporto a tempo indeterminato. E questo è politicamente possibile solo offrendo come contropartita ai lavoratori che verranno assunti da qui in avanti una maggiore sicurezza economica e professionale nel passaggio dalla vecchia occupazione alla nuova. Questo scambio fra protezioni di tipo diverso dovrebbe e potrebbe costituire l’oggetto di una sperimentazione da avviare subito, insieme alla semplificazione legislativa e amministrativa. Anche perché in un momento di grave incertezza come l’attuale le imprese non sono disponibili per assumere a tempo indeterminato, con tutti i vincoli e i costi di separazione dal lavoratore che questo oggi comporta.

Una scelta a dir poco coraggiosa. Ma come si fa, se un Governo di sinistra in Italia, oggi, questo scambio fra protezioni di tipo diverso non lo può accettare?
Se non lo può fare, dica chiaramente che per la ripresa dobbiamo puntare sui contratti a termine e di lavoro a progetto. Non mi sembra una scelta molto “di sinistra”, ma tant’è: cerchiamo almeno di essere chiari su quello che possiamo e vogliamo fare; e di non prendere in giro la gente.

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