PERCHÉ IL GOVERNO NON DEVE CONTINUARE CON LA CIG IN DEROGA

EROGARE UN SOSTEGNO DEL REDDITO SENZA REGOLE SIGNIFICA ALIMENTARE I COMPORTAMENTI MENO VIRTUOSI NEL MERCATO DEL LAVORO E COSTA MOLTO DI PIÙ CHE  FAR LE COSE COME SI DEVE

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 249, 20 maggio 2013 – In argomento v. anche la mia intervista a Linkiesta del 6 maggio e l’articolo di Riccardo Ruggieri sul Foglio del 17 maggio

Cassa integrazione guadagni “in deroga” significa sostegno del reddito senza regole, a discrezione dell’assessore regionale (o, più probabilmente, dei suoi funzionari). Questo è il contrario di “previdenza”, di “sicurezza sociale”: perché il sostegno del reddito se è erogato senza regole non è prevedibile, non dà alcuna sicurezza a chi ne avrebbe bisogno. Va bene a seguito di una catastrofe eccezionale, ma subito dopo occorre tornare ad applicare le regole. Cassa “in deroga” significa sostegno indiscriminato, dato alle imprese sane in temporanea difficoltà, ma anche (assai più frequentemente) a imprese che non hanno alcun futuro, in alcuni casi addirittura formalmente fallite o quasi: ha dunque un effetto economico profondamente negativo. Cassa “in deroga” significa concorrenza sleale tra imprese: mentre l’integrazione guadagni legale viene erogata solo a chi la ha finanziata con i propri contributi, quella senza regole è un regalo a chi non ha pagato nulla. Cassa “in deroga” significa porte spalancate all’opportunismo, al clientelismo e persino alla frode più smaccata: al sud viene erogata anche ad architetti, ingegneri e avvocati che si dichiarano “senza clienti”; al centro viene erogata anche ai dipendenti di enti pubblici; al nord al centro e al sud viene erogata anche a “imprese” costituite tre mesi prima, e che talvolta proseguono la propria attività “in nero” con i dipendenti cassintegrati. Insomma: la Cassa “in deroga” costituisce la sintesi dei difetti delle politiche italiane del lavoro. Nessuno deve essere abbandonato a se stesso nel mercato del lavoro; però, se vogliamo assistere tutti coloro che ne hanno davvero bisogno, farlo robustamente, ma senza effetti indesiderati o addirittura perversi, dobbiamo imparare a far le cose come si deve, incominciando a chiamarle con il loro nome. Se il lavoro in una azienda non c’è più, il lavoratore deve considerarsi disoccupato; gli va dato, certo, un sostegno del reddito, ma in forma di trattamento di disoccupazione e a condizione che la persona si attivi per cercare un altro lavoro, controllando questa disponibilità effettiva e coniugando il sostegno economico con una assistenza intensiva. Costa troppo? Neanche per idea: costa molto di più sperperare il denaro pubblico senza regole e senza limiti per cinque anni di seguito (2008-2013).

.

Stampa questa pagina Stampa questa pagina

 

 
 
 
 

WP Theme restyle by Id-Lab