AFFARI ITALIANI: LA GRANDE BATTAGLIA CONTRO LE COMPLICAZIONI BUROCRATICHE

SONO IMPEGNATO DA MOLTI ANNI, E IN PRIMA FILA, NELLA BATTAGLIA PER LA SEMPLIFICAZIONE DELLA NORMATIVA E DEGLI ADEMPIMENTI NELLA MATERIA DI MIA COMPETENZA, IL LAVORO – ANCHE NEGLI ALTRI CAMPI SI PUO’ E SI DEVE SEMPLIFICARE, SIA SUL PIANO NORMATIVO, SIA SU QUELLO GESTIONALE

Intervista a cura di Sergio Luciano pubblicata su AffarItaliani il 20 luglio 2013

Meritocrazia nel pubblico impiego: premiare gli impiegati bravi, individuare quelli meno bravi dando loro il modo e il tempo per mettersi in pari o altrimenti rimuoverli dall’incarico: è il metodo che Pietro Ichino, tra i massimi esperti italiani del diritto del lavoro, adotterebbe subito, semplicemente applicando leggi già esistenti. Ichino è tornato al centro del dibattito con la sua lettera aperta al Corriere della sera di amara, e anche ironica, denuncia sui disservizi della burocrazia contro un bravo cittadino che vuole semplicemente pagare le tasse. Ma nega di essersene accorto solo adesso, come qualcuno gli ha rimproverato di aver fatto (e rispettosamente anche Affari italiani, tra gli altri): “Lotto contro gli eccessi della burocrazia da sempre”, spiega, “Nel mio sito ho un portale creato apposta e  intitolato ‘Portale della semplificazione‘ in cui ho messo tutti i progetti e le iniziative nel campo di mia competenza, il lavoro. Perchè per semplificare bisogna conoscere la materia”.

E lei, professore, cosa propone per la sburocratizzazione delle leggi sul lavoro?
Il mio lavoro di anni in questo campo si è concretato in un progetto di Codice del lavoro semplificato che è lì, sul mio sito; ognuno lo può vedere e verificarne il contenuto, è stato discusso in centinaia di incontri pubblici in giro per l’Italia; e anche approvato da una mozione quasi unanime del Senato che impegnava il governo ad assumerlo come modello per un testo unicodella legislazione del lavoro, nel novembre 2010. Ma poi non se n’è fatto nulla.

E perchè mai?
La semplificazione fa paura agli apparati, che vivono della complicazione. A tutti gli altri dico: ‘non vi piacciono i contenuti delle singole norme contenute in questo Codice?  Cambiamoli: non occorre molto. Ma la forma in cui le leggi sono redatte dev’essere chiara, leggibile da parte di tutti coloro che devono applicarle.

Ci spieghi meglio: le leggi devono essere comprensibili da tutti, senza intermediazioni?
Certo che sì. Oggi invece nessun cittadino è in grado di capire il contenuto di una qualsiasi legge di quelle che escono quotidianamente dalle aule parlamentari. È un linguaggio incomprensibile, tutto pieno di rimandi che neanche i più esperti di quel ramo del diritto conoscono a memoria. E quando le cose sono così complicate che occorre un intermediario tecnico per capirle, si creano le caste, si forma lo spazio per un potere burocratico smisurato. E c’è dell’altro.

Cioè?
Cioè spesso questa stessa burocrazia è a sua volta spiazzata dalle leggi che dovrebbe far applicare, e finisce col violarle: la mia vicenda raccontata al Corriere ne è un esempio. La pretesa di quell’ufficio pubblico che io presentassi una procura di mio fratello per registrare il contratto di locazione di un appartamento di cui siamo comproprietari non aveva alcun fondamento: se per caso mio fratello si fosse rifiutato di registrare l’atto, e io ciononostante avessi voluto farlo da solo, l’interesse dello Stato sarebbe stato comunque nel senso che iopotessi farlo.  Pretendere quel documento era una vessazione; ciò che l’ha resa possibile è la complicazione delle norme e delle procedure; e la nostra rassegnazione di fronte ad esse.

Cambierà mai questo drammatico stato di cose?
Lo spero! E devono essere le amministrazioni pubbliche a cambiare. Il giorno successivo al mio articolo il Corriere ha pubblicato una lettera del Consiglio nazionale del notariatoche diceva: ‘offriamo il nostro lavoro gratuitamente per eseguire con celerità la registrazione dei contratti di locazione’. Bene, encomiabile, ma uno deve chiedersi perchè mai la Pubblica amministrazione, con quello che ci costa, deve avere bisogno dell’intermediazione di una categoria di liberi professionisti per interagire con il cittadino.

Già, perchè mai?
Se una amministrazione pubblica deve svolgere un servizio al cittadino, non si vede perché essa debba aver bisogno della mediazione di un soggetto terzo. Ma il mio intervento sul Corriere ha prodotto un altro effetto positivo assai più importante.

Quale?
Ieri [giovedì] è venuto personalmente a parlarmi Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, per chiedere la mia collaborazione per la semplificazione della normativa e dirmi che sta predisponendo una circolare per responsabilizzare dirigenti e dipendenti sulla necessità di dedicare tutta la loro diligenza e intelligenza a facilitare le cose per i contribuenti: ha riconosciuto che comportamenti come quello tenuto dall’impiegato nei miei confronti costituiva una mancanza disciplinare.

Non pensa che ci sia un problema di meritocrazia impossibile, nel pubblico impiego, per cui il personale svogliato o incompetente alligna e fa anche carriera?
Ma ci sarebbero, volendo impiegarli, gli strumenti per applicare una buona dose di meritocrazia nella Pubblica amministrazione. Occorrerebbe che i dirigenti esercitassero in modo più incisivo le proprie prerogative manageriali. E che fossero valutati in relazione a questo esercizio. Occorrerebbe anche che una parte della retribuzione degli addetti di un ufficio potrebbe essere correlata alla valutazione dei cittadini utenti sull’efficienza dell’ufficio stesso; se a ogni cittadino si chiedesse di esprimere, in condizioni protette, il proprio giudizio sul trattamento ricevuto e questo concorresse a determinare la parte variabile della retribuzione del personale, vedremmo meno code agli sportelli e meno casi in cui il cittadino viene fatto tornare due volte quando ne basta una sola.

Basterebbe?
Se ai dirigenti pubblici si assegnassero davvero degli obiettivi precisi, misurabili, legati anche alla soddisfazione dei cittadini che si rivolgono ai loro uffici – soddisfazione che è misurabile abbastanza facilmente – e si rimuovessero dall’incarico i dirigenti che non raggiungono quegli obiettivi, negli uffici tirerebbe un’altra aria. E lo si può fare già ora, a legislazione invariata: lo prevede già l’articolo 21 del Testo unico per il pubblico impiego.

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