“INCENTIVI DI PROGETTAZIONE E COLLAUDO” NELLE OPERE PUBBLICHE: UNA RENDITA DA ABOLIRE

LA DENUNCIA DI UNA NORMA CHE ATTRIBUISCE UNA RENDITA DEL TUTTO INGIUSTIFICATA A UNA RISTRETTA CATEGORIA DI DIPENDENTI PUBBLICI, DANDO ORIGINE A UNA SITUAZIONE DI CONFLITTO DI INTERESSE

Lettera perventuta il 29 luglio 2013 a seguito della pubblicazione della lettera del 23 luglio scorso Una rendita ingiustificata per gli addetti agli appalti pubblici

Caro Pietro,
prendo atto, leggendo un nuovo intervento sul tuo sito,  che finalmente qualcuno si scandalizza di questa forma di incentivazione che ha arricchito i nostri colleghi tecnici che hanno percepito per anni uno stipendio dalla propria amministrazione vissuto come lo spillatico per il caffè, come l’ho sempre definito io, per questa categoria di lavoratori pubblici, rispetto agli intoccabili e preziosissimi suddetti  incentivi di cui stiamo parlando.
Questa forma di incentivazione risale non alla legge sugli appalti del 2006 bensì alla ben più vetusta Legge n. 109 del 1994.
Da allora, alcuni di noi, responsabili del Personale e delle Relazioni Sindacali, hanno condotto una battaglia (spesso perduta) nel tentativo, almeno, di impedire che questi colleghi che percepivano oltre allo stipendio un incentivo progettazione, in realtà senza fare null’altro oltre che il loro lavoro di progettare o dirigere lavori o collaudare opere (a turno ci si scambiano i ruoli in un Ufficio Tecnico, in modo da presidiare,  sulla carta, e dopo dirò perché, ogni attività connessa alla realizzazione di opere pubbliche), percepissero anche la ben più misera quota di salario accessorio destinato alla generalità dei colleghi, che magari effettivamente svolgono un’attività aggiuntiva rispetto alle mansioni per le quali erano stati assunti e retribuita con il “normale” stipendio. Cioè i tecnici percepiscono stipendio, salario accessorio “normale” e incentivi di progettazione ecc. per fare in moltissimi casi, solo questa ultima attività. In alcuni enti si è tentato in sede di contrattazione decentrata, di impedire di intascare la quota del salario accessorio  “normale” quando lo stesso soggetto veniva a percepire un incentivo di progettazione almeno pari alla somma della “produttività” generale. Non sempre questo tentativo ha avuto esiti felici in nome di un malinteso senso di “parità di trattamento”, a contrario.
In verità solo la legge sugli appalti del 2006 ha stabilito che le somme incentivate a titolo d progettazione (non per collaudi o direzione lavori) non possono superare lo stipendio annuo. In precedenza non esisteva alcun limite. Così laddove si programmavano opere di rilevante valore, venivano corrisposti incentivi stratosferici per niente paragonabili all’ordinario stipendio di un dipendente pubblico.
Come funziona il finanziamento di queste somme? Il dirigente dell’Ufficio Tecnico che viene incaricato dall’Amministrazione di eseguire la costruzione di una nuova scuola, ad esempio, procede alla predisposizione del progetto preliminare che individua il costo presuntivo dell’opera, ipotizziamo in 1.000.000 euro. Su tale somma l’Amministrazione all’atto dell’approvazione del progetto esecutivo, ad esempio, accenderà un mutuo, caricandosi dei relativi interessi pluridecennali (parte investimenti del bilancio di previsione, non parte corrente, si noti).
Il 2% di quel milione di euro verrà ripartito tra i tecnici che avranno un ruolo nella progettazione, direzione lavori, collaudi ecc. Ossia una quota di denaro imputato a investimenti viene trattato in realtà come fosse denaro di parte corrente (spesa di personale) in barba alle regole generali sulla finanza pubblica. Inoltre si tratta di spesa di personale che in pratica poi sfugge al controllo sulla spesa di questa natura, poiché, si afferma, derivando da quote di denaro che ha la propria ragione nella legge ed avente un’autonoma forma di finanziamento, non va posta a carico del famoso tetto di spesa di personale che, per le recenti norme sul controllo dell’incremento del dibito pubblico, non può essere incrementato dal 2009 in qua.
Gli stessi tecnici quindi, stabilendo quanto costerà l’opera nella proposta di progetto preliminare, stabiliscono quanto percepiranno complessivamente. E già su questo dettaglio si potrebbero avere alcune cosucce da ridire. Poi se il costo dell’opera lieviterà, col procedere dei lavori e il trascorrere del tempo, proporzionalmente lieviteranno ulteriormente gli incentivi. Sai che livello di diligenza possiamo attenderci da costoro, deputati a controllare che il costo finale non aumenti oltre il necessario?
Dopodichè la normativa, assolutamente poco chiara, ha consentito nel tempo ben altre anomalie. Solo recentemente infatti, e in base a pronunce di Corti dei Conti, si è appurato definitvamente che quando le attività connesse a progettazione, direzione lavori, collaudi ecc vengono svolte all’esterno, mediante affidamento di incarichi a professionisti esterni (tecnici professionisti, o colleghi di altre PA, tipico per i collaudi ad esempio) la quota del 2% di incentivi va depurata della quota del costo dell’incarico esterno. Finora i colleghi interni si liquidavano l’intero 2%.
Ecco cosa intendevo quando ho detto che gli interni presidiavano, sulla carta, tutte le attività connesse alla realizzazione dell’opera, nel senso che per ogni funzione si indicava il soggetto responsabile interno, beneficiario della porzione di incentivo, anche se in concreto quella attività veniva svolta da un terzo appositamente incaricato, con evidente duplicazione di costi e caricando i bilanci dell’Amministrazione di  ulteriori costi (a titolo di incarichi esterni), che non venivano computati nel costo dell’opera pubblica.
Tutto ciò è stato vissuto dai “normali” dipendenti delle singole PA come un insieme di autentici privilegi del personale tecnico. Privilegi che ora, con l’avvio di un dibattito informato e in virtù di una profonda crisi del settore edile, forse saremo in grado di fare cessare o comunque molto meglio regolamentare.
Buon lavoro
Sylvia Kranz (dirigente Ufficio Associato Interprovinciale prevenzione e risoluzione patologie del rapporto di lavoro – sede comune capofila Cesena)
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