IL PEZZO MANCANTE NEL PROGETTO BRUNETTA

LA TRASPARENZA NON SI IMPROVVISA: OCCORRE UN VALUTATORE INDIPENDENTE CHE GARANTISCA LA LEGGIBILITA’ DEI DATI RILEVANTI

 

Articolo di Pietro Ichino e Pietro Micheli (docente di performance management nell’Università di Cranfield, consulente di alcune agenzie di valutazione delle amministrazioni pubbliche britanniche), pubblicato sul Corriere della Sera il 12 luglio 2008.

 

Molte idee espresse dal ministro della Funzione pubblica Brunetta per il miglioramento delle prestazioni degli enti pubblici sono ampiamente condivisibili. In particolare quelle che si riassumono nelle parole d’ordine “trasparenza”, “misurazione”, “valutazione”, “incentivazione”. Ma abbiamo la sensazione che il ministro sottovaluti la complessità dell’iniziativa necessaria per superare il ritardo dell’Italia rispetto ai Paesi più avanzati. E che egli si avvalga troppo poco delle esperienze di questi per recuperare il terreno perduto.

Trasparenza. Il ministro ha adottato alcune misure-annuncio: pubblicazione dei redditi dei dirigenti del suo dicastero, di dati sulle assenze per malattia o sulle aspettative sindacali. Dati utili, certo. Ma le esperienze straniere più interessanti in questa materia ci dicono che la trasparenza necessaria per mettere il fiato dell’opinione pubblica sul collo dei politici e dei dirigenti apicali è una cosa assai più complessa. L’Italia è ancora priva di una legge che sancisca il principio della “trasparenza totale” delle amministrazioni: quella total disclosure in vigore da molto tempo nei Paesi nord-europei, che significa accessibilità immediata in rete di tutti i dati inerenti al funzionamento delle amministrazioni. La trasparenza, per altro verso, serve a poco se non c’è un organismo di controllo indipendente capace di individuare gli indici di efficienza e produttività di una gestione e di renderli facilmente comparabili con quelli di altre gestioni simili (perché sia possibile il benchmarking comparativo) e leggibili per l’uomo della strada. Questo è indispensabile perché tutti i cittadini possano verificare giorno per giorno il grado di raggiungimento degli obiettivi, confrontare tra loro le performances delle amministrazioni, costringere politici e dirigenti di quelle più inefficienti a risponderne e a riallinearsi alla media.

Misurazione, valutazione, incentivazione (quello che nel Regno Unito chiamano performance management). Non soltanto le misure ultimamente adottate dal ministro, ma anche altre adottate dal ministro precedente, hanno il difetto di focalizzarsi in modo reattivo su singoli episodi. Appaiono, cioè, più come la reazione all’ultimo scandalo denunciato dalla stampa, che il primo passo di una strategia di largo respiro. È il modo di procedere che nel Regno Unito è indicato come micro-management, una serie di giri di vite su singoli punti, più o meno ben congegnati, comunque utili soltanto a rispondere a un allarme contingente, non a innescare i circoli virtuosi che cambiano strutturalmente il funzionamento delle amministrazioni.

“Occorre ridare alle amministrazioni un datore di lavoro”, dice il ministro Brunetta. Bene. Ma dove non può essere il mercato a costringere la dirigenza pubblica a fare il mestiere del datore di lavoro, a riappropriarsi delle proprie prerogative gestionali, a usare in modo incisivo i propri poteri di organizzazione, valutazione, incentivazione e sanzione, è indispensabile che la cittadinanza sia posta in grado di conoscere, valutare e chiedere conto di tutto; di partecipare direttamente alla determinazione degli obiettivi fissati ai dirigenti (obiettivi precisi, specifici e misurabili); di controllare se e quanto essi vengono realizzati; di esigere che i dirigenti incapaci di realizzarli siano rimossi. L’esperienza dei Paesi dove le cose funzionano meglio ci dice che tutto questo non è possibile se la trasparenza non è garantita attivamente, in ciascun comparto, da un organo di valutazione veramente indipendente. Questo, ci sembra, è il principale pezzo mancante nel progetto del ministro Brunetta.

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