NULLA PIÙ SARÀ COME PRIMA

MA C’È UN’ESIGENZA IMPRESCINDIBILE PER TUTTI: COGLIERE QUESTA OCCASIONE PER DIVENTARE UN PAESE NORMALE – CHE COSA IMPLICA QUESTO PER IL PDL, CHE COSA IMPLICA PER IL PD, CHE COSA IMPLICA PER SCELTA CIVICA

Commento di Gianluca Susta, presidente del Gruppo dei senatori di Scelta Civica, alla sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la sentenza di condanna di Silvio Berlusconi a quattro anni di reclusione per frode fiscale, 2 agosto 2013

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Più nulla sarà come prima, ma c’è una esigenza imprescindibile per tutti: cogliere questa occasione per diventare un paese normale.

Questo, per il PDL, significa  capire che, per quanto sia indissolubile il legame col proprio fondatore e “capo”, le sorti della destra democratica italiana – di cui c’è bisogno perché questa è la democrazia occidentale – non possono dipendere solo  suo leader storico. I gollisti sono sopravvissuti agli scandali di Chirac; i Repubblicani americani al Watergate; i popolari spagnoli sopravviveranno alla vicenda che coinvolge Raijoi ecc.  In Germania persino  il “padre della patria” riunificata, Kohl, è stato coinvolto in scandali e in Francia una grande figura come quella di Giscard risente ancora della vicenda dei diamanti del dittatore Bokassa. In nessuna parte del mondo occidentale democratico la fine di un leader ha comportato la fine del suo partito. Diventare “normali” vuole dire saper guardare oltre le vicende contingenti e capire che un partito ha una vocazione che si dipana nella storia e che questa storia deve anche saper prescindere dall’uomo che l’ha avviata.

Quanto al PD deve capire che è finita la “conventio ad excludendum” al contrario che sta nel suo DNA. Così come la DC è finita perché è venuto meno il “nemico” che ne aveva cementato l’unità, anche il PD deve interrogarsi fino in fondo su quale sia la sua vera ragione fondante.: l’unità dei riformisti o l’antiberlusconismo? Non sono la stessa cosa! Strategie politiche e di governo, la stessa nascita del PD, frettolosamente accelerata nell’estate del 2007 per sostenere un Governo inconcludente che aveva ridotto al lumicino il consenso dei principali “azionisti” di quell’esperienza (DS e Margherita), sono state tutte pensate e realizzate per fermare il “caimano”, non per cambiare il Paese, perché era evidente che quella coalizione era solo una sorta di “CLN” antiberlusconiano che nulla di buono avrebbe potuto offrire a un Paese che cominciava a risentire della crisi mondiale. E, infatti, quel Governo fu travolto e il PD che ne derivò altro non fu che la brutta copia dei DS.

Tutti – anch’io nel mio piccolo – siamo vissuti dentro a questo schema. Berlusconiani e antiberlusconiani si son sorretti a vicenda, bloccando il Paese, impedendo quelle riforme – salvo alcune fatte per lo più da Governi tecnici (Monti) o poco politici (Dini) nei rari momenti di tregua (armata) – indispensabili per rimanere nel novero dei “Grandi”.

Oggi il tema non è “di chi è la colpa”. Resto convinto che il vulnus della democrazia italiana di questi 20 anni stia nel non risolto conflitto d’interessi di Berlusconi; nella sudditanza del potere pubblico ai suoi interessi personali; nella confusione tra affari e politica; nei suoi ambigui rapporti con i “coni d’ombra” del nostro sistema politico-istituzionale. Precisato ciò, questo non giustifica l’incapacità dei riformisti di costruire un’alternativa vera, credibile, che impedisse le degenerazioni protestatarie che inevitabilmente sono esplose.

Questo è il momento in cui si può rifondare il bipolarismo italiano senza mortificare il pluralismo dei partiti, grazie a riforme costituzionali e istituzionali che ne favoriscano la dialettica, senza costrizioni dentro a uno schema quasi bipartitico tra “berlusconiani” e “antiberlusconiani”.

E Scelta Civica in tutto questo?

Noi siamo persone che vengono dal centro destra e dal centro sinistra; molti di noi non hanno mai fatto politica; altri ancora hanno fatto politica e hanno anche coltivato le loro professioni. Abbiamo capito prima di altri che lo schema “antiberlusconiani” contro “berlusconiani” aveva logorato il Paese, bloccato il suo rinnovamento, compromesso la sua credibilità internazionale. In un momento di emergenza Mario Monti è stato chiamato dal Capo dello Stato a prendere per mano la settima potenza industriale del mondo, prostrata, ma non dissolta, per ridarle dignità e curarne il morbo. Se oggi vediamo un lumicino in fondo al tunnel è grazie a quella cura, che ha indebolito il cavallo, ma l’ha risanato. E il cavallo sta dando i primi segni di risveglio. E’ anche per questo che non deve interrompersi l’esperienza del Governo Letta, chiamato a proseguirne l’opera. Purché sappia trovare dentro di sé le ragioni e la forza per continuarla.

L’azione del  Governo Monti e la successiva “agenda” che hanno ispirato Scelta Civica non sono però sufficienti per spiegare il bisogno di un partito diverso, che ha anche saputo farsi del male, facendosi contagiare dal morbo distruttivo di altri, che, tuttavia, la pazienza e la saggezza di Monti ha saputo riportare alla sua mission originaria.

Quale?

1)      Far capire agli Italiani che si diventa un Paese “normale” solo se si  rimette al centro della nostra “IDEA” di democrazia i fondamenti dello Stato di diritto, quali ad es. l’indipendenza della Magistratura, il rispetto delle sentenze, la totale separazione tra gli interessi personali e quelli pubblici, una nuova etica pubblica, quel “nuovo senso del dovere” a cui ci richiamava Moro poco prima di morire, senza il quale “questa Repubblica non si salverà” (lo diceva 35 anni fa!). Principi fondamentali che dovrebbero suonare come “musica nelle orecchie” per quei milioni di elettori “berlusconinai” che, tra le proprie ascendenze culturali, invoca i “padri” della  Destra storica, principi che impedirono ad un grande interprete di quei valori, come Indro Montanelli, di potersi riconoscere in questa destra.

2)      Favorire la scomposizione del quadro politico e la sua ricomposizione in schieramenti in cui la ragione dello stare insieme non è l’essere “contro” qualcuno, ma “per” una comune visione della società, dei suoi interessi, dei suoi obiettivi.

3)      Riaffermare il primato del “cittadino” e, nel contempo, il ruolo di regolatore dello Stato. Libertà e cultura delle regole sono inscindibili. In questo sta  il nostro liberalismo antistatalista.

4)      Rendere le Istituzioni strumenti al servizio dei Cittadini e non apparati che alimentano se stessi e che riducono i diritti a favori. Questo è il nostro modo di essere autenticamente popolari.

Tutte le ragioni che hanno giustificato il nostro impegno elettorale in SCELTA CIVICA restano valide e tutte le questioni che abbiamo posto restano aperte. Questa sentenza, però, ci dà la possibilità di avviare quel chiarimento che finora è stato bloccato.

Per carità, non ci nascondiamo il fatto che molti non vogliano diventare un Paese “normale”.  Attacchi sconsiderati alla Magistratura, confusione tra Berlusconi e i suoi elettori, mancanza di rispetto per 10 milioni di cittadini elettori del PDL sono la dimostrazione che il “morbo” che impedisce all’Italia di diventare un Paese normale è difficile da estirpare dal corpo del popolo italiano.

È bene però che gli Italiani – con noi – capiscano che non se ne può più!

È bene che capiscano che la guerra civile prima o poi deve finire, qualunque sia l’origine e chiunque sia il  principale colpevole.

È bene che Berlusconi non metta il Senato in condizione di votare la presa d’atto della sua decadenza (che – sia chiaro – noi di SC voteremmo).

È bene che tutti capiscano che un Paese non può rimanere nel novero dei grandi se decenni si consumano nella dialettica tra  “comunisti” e “anticomunisti”, “berlusconiani” e “antiberlusconiani”, in cui le conventiones ad excludendum frenano quei processi riformatori di cui ogni corpo sociale ha bisogno per adeguarsi al mutare dei tempi.

Potrei continuare, ma mi fermo qua per concludere che è dalla nostra “diversità”, dalla nostra “anormalità”, che può scaturire la  “normalità” del nostro Paese.

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