SUL VETO CGIL AL DECRETO SULLA CIG RENZI SI GIOCA IL JOBS ACT

IL MODO IN CUI IL PD ORA RISPONDE AL VETO DI SUSANNA CAMUSSO SUL PROVVEDIMENTO DEL GOVERNO IN MATERIA DI AMMORTIZZATORI SOCIALI “IN DEROGA” CI DIRÀ MOLTO SU QUEL CHE DOBBIAMO ATTENDERCI DAL PIANO SUL LAVORO DEI DEMOCRATICI, ANCORA IN GESTAZIONE

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 283, 10 febbraio 2014.

Non sarebbe giusto infierire sul segretario del PD per l’ennesimo rinvio del suo Jobs Act: si capisce che ora debba dedicare ogni attenzione alla riforma elettorale; e al se e al come del Governo Letta. Proprio in questi giorni, però, il PD è chiamato a compiere una scelta dalla quale si capirà se nella sua politica del lavoro c’è davvero qualche cosa di nuovo, e di che genere. Il Governo ha sottoposto al Parlamento per il prescritto parere consultivo lo schema di un decreto contenente nuove regole un po’ restrittive per l’erogazione della Cassa integrazione “in deroga”. La Commissione Lavoro del Senato ha espresso parere positivo sulle nuove regole, come premessa per l’avvio di un modo nuovo e più corretto per affrontare le crisi occupazionali, chiedendo però che venga aggiunta nel decreto la possibilità per le Regioni  di utilizzare una parte delle risorse per la sperimentazione dei nuovi strumenti, e in particolare del contratto di ricollocazione. La Cgil, invece, ha sparato a zero contro lo schema di decreto, chiedendone il ritiro: cioè in sostanza chiedendo che si vada avanti a usare la Cig come si è fatto finora. Ora, i casi sono tre. 1. Se il PD – che ne ha il potere – indurrà il Governo ad accogliere il parere della Commissione Lavoro del Senato, questo costituirà un’interessante anticipazione positiva circa il contenuto del Jobs Act di Renzi, anche se esso non è ancora pronto nei dettagli. 2. Se invece il PD chiederà al Governo di accantonare lo schema di decreto, questo significherà che il partito di Renzi continua a subire i veti della Cgil, anche quando questi sono sbagliati e regressivi. 3. Potrebbe poi accadere che il PD chieda al Governo di varare il decreto così com’è, ma senza aprire alla sperimentazione di nuovi strumenti, cioè senza promuovere un modo nuovo per coniugare le politiche passive del lavoro con quelle attive: sarà il segno che il PD è capace di disattendere i veti della Cgil, ma non ha ancora le idee chiare su come voltar pagina rispetto al modo vecchio e sbagliato di governare il mercato del lavoro.

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