MARONI E I CETRIOLI A LUNGA CONSERVAZIONE

L’APOLOGO MOSTRA PERCHE’ IL MINISTRO DEGLI INTERNI SBAGLIASSE A DISPERARSI PER IL FATTO CHE LA CAMERA NON AVEVA APPROVATO L’ALLUNGAMENTO DELLA DETENZIONE DEGLI IMMIGRATI CLANDESTINI DA DUE A SEI MESI (E PERCHE’ LA CAMERA STESSA ABBIA SBAGLIATO A CAMBIARE IDEA, APPROVANDO ALLA FINE L’ALLUNGAMENTO)

A cura di Sergio Briguglio, ricercatore ENEA, 30 aprile 2009

Un droghiere apre un nuovo negozio di alimentari. Acquista, dal grossista, dodici confezioni di cetrioli sottaceto al giorno. Riesce a venderne, tuttavia, soltanto sette al giorno. Ne accumula cosi’, invendute, cinque al giorno, che sistema nel retrobottega. 

La data di scadenza di ogni confezione e’ posteriore di sessanta giorni alla data di acquisto. Il droghiere, trascorsi sessanta giorni dall’apertura del negozio, comincia a liberarsi delle confezioni scadute, passandole alla mensa dei poveri della parrocchia. Ne da’ via, cosi’, cinque al giorno.

In questo modo, dal sessantunesimo giorno in poi, le cinque confezioni invendute della giornata vanno a prendere il posto delle cinque appena scadute. Nel retrobottega, su uno scaffale di opportune dimensioni, campeggiano quindi, da quel giorno in poi, 300 confezioni di cetrioli (5×60).

Il droghiere tiene al profitto e mal sopporta l’idea di disfarsi, senza guadagno, di tutte quelle confezioni di cetrioli.

La moglie gli suggerisce di cercare di incrementare le vendite, lanciando tra le massaie del quartiere la campagna “Un cetriolo è meglio”. Ma il droghiere sospetta che dietro questo consiglio si celi un attacco alla sua romana virilità.

Il garzone suggerisce allora di modificare l’accordo col grossista, concordando l’acquisto di sole sette confezioni al giorno. Il droghiere, pero’, considera il garzone un comunista e un degenerato, e respinge senza tentennamenti anche questo suggerimento.

Decide invece di cambiare marca di cetrioli: il grossista, messo a parte delle preoccupazioni per il gran numero di confezioni sprecate, gli ha segnalato che una marca di Bruxelles assicura una durata del prodotto pari a centottanta giorni, anziche’ sessanta.

Dal giorno in cui cominciano ad arrivare le nuove confezioni, per un po’ non succede niente di nuovo: cinque confezioni invendute vanno in retrobottega ogni giorno, al posto delle cinque (della vecchia marca) arrivate a scadenza.

La moglie mugugna. Il garzone fa battutine sarcastiche. Il droghiere comincia a pensare che il grossista l’ha fregato.

Poi, dopo sessanta giorni dal cambio di marca, succede una cosa meravigliosa: quando la sera il droghiere va a sistemare sullo scaffale le cinque confezioni invendute, scopre che non ce n’e’ piu’ neanche una della vecchia marca (le ultime sono finite alla mensa parrocchiale la sera prima). Quelle sullo scaffale sono tutte confezioni della marca belga, e tutte ancora lontane dalla scadenza: le piu’ anziane hanno sessanta giorni di vita e saranno legittimamente vendibili ancora per centoventi giorni (180-60=120).

Il droghiere torna trionfante nella bottega e dice a moglie e garzone: “Che vi avevo detto? Sono o non sono il miglior droghiere che abbiate mai conosciuto?”.

Moglie e garzone gli fanno pero’ osservare che sullo scaffale non c’e’ piu spazio.

Il droghiere riflette: o mi libero di cinque confezioni anche oggi, benche’ non ancora scadute (ma allora il cambiar marca non e’ servito a niente), o compro con urgenza un nuovo scaffale. Opta per questa seconda via e corre, prima che chiudano i negozi, in cerca dello scaffale. Non avendo tempo di andare da IKEA, si deve accontentare del negozio piu’ vicino: lo scaffale e’ in ebano intarsiato e costa uno sproposito. Ma il droghiere, che non puo’ darla vinta a moglie e garzone, lo compra.

Per centoventi giorni le cose vanno avanti cosi’: non si butta piu’ una confezione, e quelle invendute vanno a riempire lo scaffale appena acquistato e, poi, un altro ancora (in ebano intarsiato anche questo, chè altrimenti l’estetica ne avrebbe nocumento).

Si arriva a uno stock di 900 confezioni (300 + 5×120 = 5×180 = 900): tre scaffali pieni pieni, di cui due in ebano.

Quando il droghiere e’ ormai sul punto di ordinare un quarto scaffale, succede un altro fatto nuovo: le cinque confezioni rimaste invendute il giorno di arrivo della nuova marca vanno a scadenza, essendo passati, da quella data, proprio centottanta giorni. Vengono così consegnate alla parrocchia, e il loro posto è preso dalle cinque appena avanzate.

Da quel giorno, il droghiere riprende a liberarsi di cinque confezioni al giorno. Con uno stock di confezioni invendute triplicato, rispetto ai vecchi tempi, e sistemato, per due terzi, su scaffali in ebano.

La moglie decide di lasciarlo e va a vivere col garzone.

Se non avete familiarità con la normativa sull’immigrazione e con l’applicazione che ne è stata data in questi anni, può esservi utile una legenda che stabilisca un parallelo tra l’apologo e la questione della detenzione nei CIE:

1) Confezioni di cetrioli acquistate quotidianamente dal droghiere: cittadini tunisini da espellere, avviati quotidianamente al CIE;

2) Confezioni di cetrioli vendute quotidianamente dal droghiere: cittadini tunisini rimpatriati quotidianamente;

3) Confezioni di cetrioli regalate alla mensa parrocchiale: espellendi rimessi in liberta’ e destinatari dell’ordine del questore di lasciare l’Italia entro cinque giorni;

4) Data di scadenza della marca vecchia: gli attuali limiti per la detenzione in CIE;

5) Data di scadenza della marca di Bruxelles: limiti estesi per la detenzione in CIE;

6) Scaffali nella bottega e nel retrobottega: Centri di identificazine ed espulsione;

7) Droghiere: governo e maggioranza;

8) Grossista: la P.S.;

9) Venditore di scaffali in ebano: imprenditore edile, interessato agli appalti per la costruzione di nuovi CIE e l’ampliamento dei vecchi.

10) Moglie del droghiere: Livia Turco, che ha sempre sostenuto la necessita’ di stipulare di accordi di riammissione;

11) Garzone del droghiere: Dr. Luigi Mone, gia’ responsabile, al Ministero dell’interno, per l’immigrazione, che suggerì di non dar luogo a detezione per gli espellendi per i quali non fosse effettuabile il rimpatrio.

 

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