RENZI IN PARLAMENTO: “QUESTO È UN MONDO DEL LAVORO FONDATO SULL’APARTHEID”

NON HA SENSO ATTARDARSI NELLA DIFESA DI UN SISTEMA DI PROTEZIONE NON SOLTANTO INEFFETTIVO, MA PRODUTTIVO DI ENORMI DISUGUAGLIANZE: DA CATEGORIA A CATEGORIA, DA CITTÀ A CITTÀ

EstrattI dagli interventi svolti dal Presidente del Consiglio dei Ministri alla Camera nella seduta antimeridiana, in Senato nella seduta pomeridiana del 16 settembre 2014 (dai rispettivi resoconti stenografici in corso di seduta) – Segue uno stralcio dell’intervento svolto dal senatore Gianluca Susta in rappresentanza del gruppo SC .

DALL’INTERVENTO DEL CAPO DEL GOVERNO ALLA CAMERA

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento di un’informativa urgente del Presidente del Consiglio dei ministri sulle linee di attuazione del programma di Governo.
Dopo l’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per dieci minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto. È prevista la ripresa televisiva diretta. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi.

MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, onorevoli membri della Camera dei deputati,

[…]

[…]

Sono praticamente alla chiusura, non ho, però, dimenticato due punti che sono particolarmente rilevanti. Il primo è uno dei punti più sensibili: il tema del lavoro. Al termine dei mille giorni il diritto del lavoro non potrà essere quello di oggi. Io ritengo, assumendomi la responsabilità di quello che dico, che non ci sia cosa più iniqua in Italia di un diritto del lavoro che divide in cittadini di serie A e di serie B: tu sei una mamma di 30 anni, sei una dipendente pubblica o privata, hai la maternità; sei una partita IVA, non conti niente; tu sei un lavoratore, stai sotto i 15 dipendenti, non hai alcuna garanzia, stai sopra sì; tu sei uno che ha diritto alla cassa integrazione, ma dipende dall’entità, dall’importanza, dalle modalità della cassa integrazione ordinaria, di quella straordinaria, di quella in deroga. Questo è un mondo del lavoro basato sull’apartheid. Personalmente dico a quella parte di sinistra più dura rispetto alle necessità di cambiare le regole del gioco sul lavoro che, per come la interpreto io, la sinistra è combattere l’ingiustizia, Pag. 18non difenderla, e dico però contemporaneamente a chi oggi dà poteri taumaturgici alla riforma del mercato del lavoro e del diritto del lavoro che, per recuperare posti di lavoro, occorre una politica industriale, occorre avere il coraggio di andare a raccontare che la dorsale siderurgica di questo Paese, da Genova a Taranto, passando per Terni e per Piombino, non soltanto non si chiude, ma viene aperta e spalancata ai mercati internazionali. Occorre avere il coraggio e la forza di andare laddove ci sono le aziende in crisi, e noi stiamo andando da per tutto, perché si potrà dire tutto del nostro Governo, tranne che abbia voglia di sgattaiolare via. Non so da quanti anni è che non c’era un Presidente del Consiglio che andava a Gela o a Termini Imerese o a Taranto, ma ci andiamo convinti di una cosa: che la politica in questi anni ha talvolta eluso le questioni reali e che dal nostro punto di vista i mille giorni sono l’occasione per definire una missione, un orizzonte. Questa missione e questo orizzonte hanno dei tempi serrati.

Io rispetto il dibattito parlamentare, rispetto però anche le esigenze che ci arrivano, non soltanto dalle pressioni, che sono naturali, degli imprenditori che vogliono investire o dei lavoratori che chiedono soluzioni e garanzie diverse, ma anche dalle pressioni di noi stessi, perché si tratta di un tema che tiene insieme gli ammortizzatori sociali, la maternità, la modifica stessa dei controlli delle aziende, che può sembrare un tema banale, ma che è un primo elemento di credibilità della politica: riuscire a scegliere un meccanismo per il quale, quando entri in un’azienda, non entrano tutti sette volte di fila nel giro di un mese, ma entrano tutti insieme; riuscire a fare soltanto questo significa dare finalmente un messaggio di semplificazione delle regole, passando dalle attuali 2.100 a 60, 70, 100 regole chiare, che impediscano le diversità tra il tribunale del lavoro di Prato e il tribunale del lavoro di Arezzo. Guardate i numeri e capite che il tema del reintegro o non reintegro dipende dalla conformazione geografica e non dalla fattispecie giuridica: guardate i numeri !

Bene, se noi saremo nelle condizioni di avere dei tempi certi e serrati, noi rispetteremo il lavoro del Parlamento e ci attrezzeremo per la delega, altrimenti siamo pronti anche ad intervenire con misure di urgenza, perché sul tema del lavoro non possiamo perdere un secondo di più.

[…]

 

DALL’INTERVENTO DEL CAPO DEL GOVERNO AL SENATO

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: «Informativa del Presidente del Consiglio dei ministri sulle linee di attuazione del programma di Governo».

Dopo l’intervento del rappresentante del Governo, ciascun Gruppo avrà a disposizione dieci minuti.

Ha facoltà di parlare il presidente del Consiglio dei ministri, dottor Renzi.

RENZI, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, gentili senatrici, onorevoli senatori,

[…]

[…]

Ci sono due principi, che credo siano fondamentali, da affermare e da difendere. Il primo: chi immagina di creare posti di lavoro semplicemente con le riforme, siano esse strutturali o semplicemente legate al mondo del lavoro, non vede la realtà. Non è intervenendo semplicemente su una norma che si creano posti di lavoro: non è mai stato questo, non sarà mai questo. Occorre una politica industriale. È inutile cambiare le regole del gioco del mercato del lavoro se la dorsale siderurgica italiana, da Taranto a Genova, passando per Terni e per Piombino, viene meno. È inutile parlare di riforma del mercato del lavoro se il contesto del business, dell’indice di conforto per coloro i quali vogliono investire è reso complicato dalla pubblica amministrazione locale o da un sistema di giustizia civile i cui tempi sono tripli rispetto agli altri Paesi. È anche altrettanto vero – lo dico ad una parte della sinistra – che non è sostenibile la tesi di chi dice che difendere il vigente sistema di diritto del lavoro sia la cosa più di sinistra che c’è; e per un motivo molto semplice. (Applausi dai Gruppi PD, NCD, PI e SCpI). Il motivo molto semplice è uno: questo sistema di diritto del lavoro è, a mio giudizio, quanto di più ingiusto e iniquo ci sia oggi in Italia. (Applausi dai Gruppi PD, NCD, PI e SCpI). Anche questo per un motivo molto semplice, fatemelo dire senza andare a giocare un derby fra di noi. Cosa significa oggi il mondo del lavoro? Oggi se hai trent’anni e sei una mamma, se sei una lavoratrice dipendente godi del diritto alla maternità, se sei a partita IVA non hai diritti. Se invece sei un giovane o un cinquantenne che perde il posto di lavoro, se lavori in un’azienda che può arrivare ad una delle varie casse integrazione hai delle tutele, se lavori semplicemente in un negozio o in una piccola impresa sei tagliato fuori da tutto. A fronte della medesima situazione e della stessa azienda, magari con le tutele di cui all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, se trovi un tribunale che segue una certa linea, hai più possibilità di reintegro, se trovi un tribunale che ha una linea diversa non hai spazio. In due Province della mia Regione osservavo come il rapporto di casi di reintegro fosse del 33 per cento in una e dell’85 per cento nell’altra.

È dunque evidente che il sistema di diritto del lavoro va radicalmente cambiato. Ma ciò va fatto in una dimensione nella quale la centralità non può essere attribuita al derby ideologico, ma a un meccanismo molto semplice: cambiare il sistema degli ammortizzatori sociali, rendendoli più semplici, più giusti e più universali; semplificare le regole, che oggi ammontano a più di 2000 norme e che possono diventare meno di 100 in modo molto semplice e chiaro; essere nelle condizioni di garantire forme di tutela univoche e identiche e, contemporaneamente, farlo in tempi strettissimi.

Rispettiamo il dibattito in corso e crediamo che esso possa avere gli sbocchi che il Parlamento deciderà, i più naturali. Ma sappiamo anche che abbiamo un impegno: nel 2015 dobbiamo partire con la nuova struttura degli ammortizzatori sociali (per la quale, con il ministro Padoan, abbiamo recuperato risorse), e contemporaneamente dobbiamo dare un messaggio, non già all’Europa, non già a soggetti esterni a noi, ma innanzitutto a noi stessi, affermando che nessuna discussione ideologica può fermare quella che oggi è una priorità, perché se siamo al 12,6 per cento di disoccupazione e oltre il 42 per cento di disoccupazione giovanile, non si possono dare risposte che non siano concrete e pragmatiche.

[…]

 

DALL’INTERVENTO DI DEL SENATORE GIANLUCA SUSTA (SC) NEL DIBATTITO SULLE DICHIARAZIONI DEL CAPO DEL GOVERNO

SUSTA (SCpI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi…(Brusio).

PRESIDENTE. Invito i senatori a prendere posto, o ad abbandonare l’Aula se non vogliono ascoltare l’intervento del collega Susta.

SUSTA (SCpI). Signor Presidente del Consiglio, la ringrazio perché in una fase tanto delicata della vita politica italiana, europea ed internazionale, lei ha dato modo al Parlamento di inaugurare un quadrimestre che richiederà giustamente alle Camere uno sforzo suppletivo rispetto a quello già dato negli ultimi mesi, per affrontare – vorrei dire quasi aggredire – i nodi ancora irrisolti e non del tutto risolti che frenano la ripresa della nostra economia, consentendo così all’Italia di poter pienamente esercitare la presidenza di turno dell’Unione europea e affrontare da protagonista – visto che siamo anche alla guida della politica estera europea – le tante crisi che attraversano il mondo.

[…]

Abbiamo molto apprezzato la conferma, che abbiamo sentito nel suo discorso, dell’impegno del Governo di dare finalmente all’Italia un nuovo codice del lavoro, e con esso un nuovo diritto che sia davvero diritto di tutti i lavoratori e non soltanto, come oggi, di metà di essi.

Il superamento dell’attuale regime di vero e proprio apartheid nel mondo del lavoro italiano, unito alla semplificazione drastica di una legislazione che è tra le più complicate e al tempo stesso tra le meno effettive in Europa, è sempre stato tra gli obiettivi prioritari di Scelta Civica, che si è fatta carico di mostrare con i propri progetti di legge come in concreto questi obiettivi possano essere raggiunti in tempi brevi.

Una sola raccomandazione ci permettiamo di rivolgerle a questo proposito, signor Presidente: non lasci che i gattopardi annidati nelle strutture ministeriali traducano questi obiettivi in quel politichese o burocratese che serve soltanto ad insabbiare gli intendimenti di riforma.

[…]

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