FIAT-CHRYSLER 2: L’AUTOCRITICA CHE NON ABBIAMO SENTITO DA BERSANI E LETTA

NEL 2010 IL SEGRETARIO E IL VICESEGRETARIO DEL PD SI ACCODARONO ALLA DEMONIZZAZIONE DI MARCHIONNE DA PARTE DELLA CGIL: UN ERRORE CHE STANNO RIPETENDO OGGI NEI CONFRONTI DELLE RIFORME DEL GOVERNO RENZI

Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 341, 18 aprile 2015 – In argomento v. anche il primo: Fiat-Chrysler 1: se nel 2010 avesse prevalso il “No” della Fiom – V. inoltre Pomigliano: quando la sinistra sbaglia il bersaglioLettera sul lavoro pubblicata sul Corriere della Sera il 24 gennaio 2012, con una replica dei rappresentanti Fiom di Pomigliano e la mia contro-replica.

Giugno 2010 – Sergio Marchionne ha annunciato da poco il suo piano industriale per il rilancio della produzione dell’automobile in Italia, incominciando da Pomigliano d’Arco. La Fiom ha scatenato un fuoco di sbarramento preventivo, qualificandolo come “attentato ai diritti fondamentali dei lavoratori”, nientemeno, per il solo fatto che esso richiede tre deroghe – tutto sommato marginali – al contratto collettivo nazionale. Enrico Letta, vicesegretario del Pd, fa il pesce in barile: “l’accordo di Pomigliano si può accettare solo in via eccezionale”. Peggio ancora Pierluigi Bersani, segretario: “Marchionne pensa a una Fiat cinese, mentre noi dobbiamo pensare a una Fiat europea”. Lunare. In queste dichiarazioni dei due leader di vertice del Pd di cinque anni fa sta la chiave per capire la crisi profonda della vecchia sinistra italiana e, a braccetto con essa, della attuale minoranza Pd: era la sudditanza acritica nei confronti dei veti e degli ukase lanciati dalla Cgil a chiuderle gli occhi, a farle compiere errori clamorosi di valutazione come questo.
Aprile 2015 – Dopo l’annuncio degli sviluppi del piano Fiat-Chrysler in Italia tutti possono constatare l’enormità di quell’errore; ma dall’ex-segretario e dall’ex-vicesegretario Pd non viene neppure un cenno di autocritica. Cinque anni fa demonizzarono il “decisionismo” di Marchionne; oggi demonizzano il “decisionismo” di Renzi sull’articolo 18 e sul ballottaggio tra partiti invece che tra coalizioni. Oggi come allora i toni sono gli stessi: sono sempre in gioco “i diritti fondamentali”. Allora per nostra fortuna Marchionne non se ne lasciò impressionare; oggi non dobbiamo lasciarcene impressionare noi.

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