IL CENTRO PER L’IMPIEGO CHE IGNORA LA PROPRIA MISSIONE

L’ESPERIENZA DESOLANTE DI UN DISOCCUPATO CHE VORREBBE ESERCITARE IL PROPRIO DIRITTO ALL’ASSISTENZA PER IL REPERIMENTO DELLA NUOVA OCCUPAZIONE E DI UN SERVIZIO PUBBLICO NON SOLO TOTALMENTE INADEMPIENTE, MA CHE ADDIRITTURA IGNORA IL CONTENUTO STESSO DI QUEL DIRITTO

Messaggio pervenuto il 16 marzo 2016 – Segue una mia breve risposta.

Buongiorno Senatore Ichino. Ho letto con attenzione sul suo sito,  l’intervista Il centro per l’impiego come one stop shop sulla via della ricollocazione. Ho 48 anni e dal luglio 2015 sono disoccupato. L’azienda per la quale lavoravo, ha tagliato delle risorse e “grazie” a questo increscioso evento, ho scoperto che sono troppo vecchio, e possiedo troppa esperienza per lavorare ancora. Ho fatto diversi colloqui con agenzie per il lavoro ma alla fine mi hanno semplicemente risposto “il nostro cliente ha optato per una risorsa più junior”… Ma non è questo il punto della presente… perdoni questo sfogo. Le volevo semplicemente raccontare la mia esperienza al Centro per l’Impiego di Roma di Via Scorticabove e in particolare del servizio di outplacement.

Premetto che conosco perfettamente il tipo di attività e la ritengo sicuramente interessante. Oggi mi trovavo presso il sopracitato ufficio per richiedere un documento, e ho notato che tra i vari servizi elencati, vi era proprio l’outplacement. Ho chiesto all’impiegato dell’accoglienza che avevo necessità di questo servizio, e molto gentilmente mi ha invitato a prendere il numero, indicandomi la stanza corrispondente. Ultima stanza in fondo. Perfetto, prendo i mio numero (002) per l’esattezza, e attendo. Dopo oltre un’ora, del numero 001 neanche l’ombra, e il mio benedetto numero 002 non veniva chiamato. Mi rivolgo di nuovo all’accoglienza e chiedo spiegazioni, mi dicono “si vede che c’è da aspettare”….. attendo altri 10 minuti dopo di che, mi alzo e mi dirigo verso la stanza che l’impiegato mi aveva indicato.

La scena è la seguente: due stanze, una completamente vuota, nell’altra c’era una impiegata intenta a navigare su internet alla ricerca di collane e braccialetti (il monitor era rivolto verso la porta e ho potuto guardare con i miei occhi questo scempio. Perdo quasi la calma, mi rivolgo di nuovo al commesso dell’accoglienza e gli spiego cosa ho visto. Il commesso si dirige verso la stanza per “disturbare” la collega intenta nei suoi acquisti pasquali, le spiega che io ero li per un servizio di outplacement; la ridente signora non si scompone affatto, gli dice semplicemente che lei non era addetta a quel servizio, e neanche sapeva cosa fosse. Allora il commesso va nella stanza della responsabile, con tanto di indicazione sulla porta “RESPONSABILE”; esce fuori una signora che chiede a me, “possibile fruitore di quel servizio”, cosa fosse quell’outplacement… neanche fosse una parolaccia.

Morale della favola, al Centro per l’Impiego non conoscono questo servizio, non sanno cosa offre, e quindi nel frattempo, si dedicano allo shopping online. L’impiegato della reception mi ha detto: “sei il primo che chiede una cosa del genere, il cartello deve essere vecchio… mo lo copriamo”. Da ignorante mi chiedo, se il cartello è vecchio, sicuramente si dovrebbe conoscere meglio il servizio, dato che in passato è stato svolto. Io intanto continuo ad essere disoccupato, e chi invece è occupato, continua a percepire uno stipendio su un lavoro che non solo evita di svolgere, ma neanche conosce.  Cordialmente
Fabio Panzironi

Questa lettera costituisce, purtroppo, la migliore conferma della fondatezza di quanto denunciato nell’interrogazione presentata al ministro del Lavoro da numerosi senatori PD il 3 novembre 2015. Il sig. F.P. ha diritto all’assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione, mediante il contratto di ricollocazione; ma la struttura pubblica è incapace di adempiere l’obbligo corrispondente. È urgentissimo un colpo di reni da parte della neo-costituita ANPAL.   (p.i.)

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