SULL’ISOLAZIONISMO DI BERNIE SANDERS

SOTTO LE SEMBIANZE DI SINISTRA DELLA “CLAUSOLA SOCIALE” CON CUI L’ASPIRANTE CANDIDATO ALLA CASA BIANCA SI PROPONE DI LIMITARE IL COMMERCIO INTERNAZIONALE SI NASCONDE UN PROTEZIONISMO CHE CONDANNEREBBE ALLA FAME I LAVORATORI PIÙ POVERI DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

Articolo di Alessandro Maran, vicepresidente del Gruppo dei senatori Pd, tratto dalla sua pagina Facebook, 5 aprile 2016 – Sull’intervista del senatore del Vermont al New York Daily News v. anche il commento del Washington Post.

La recente intervista di Bernie Sanders con il New York Daily News sta facendo discutere. Ci torno su poiché la cosa riguarda anche noi. Il senatore del Vermont (che non è Matteo Salvini) ha detto praticamente che gli USA non dovrebbero commerciare con i paesi nei quali i salari dei lavoratori sono (molto) più bassi di quelli americani. Una dichiarazione terrificante per tutto il mondo in via di sviluppo.
«So you have to have standards – ha detto Sanders – And what fair trade means to say that it is fair. It is roughly equivalent to the wages and environmental standards in the United States». Con queste parole, Bernie Sanders ha di fatto rottamato gli scambi commerciali con qualunque paese che non sia già ricco e florido. Il che è semplicemente disumano. Una cosa è sostenere che non bisogna fare affari con i paesi che cercano di manipolare le loro monete (i tassi di cambio dovrebbero essere il meccanismo principale del mercato per equilibrare il commercio); è poi del tutto ragionevole sostenere i diritti dei lavoratori di quei paesi, la loro sindacalizzazione, o premere per tutele ambientali più severe, e battersi affinché servitù e schiavitù, che sono più diffuse di quel che sembra, siano spazzate dalla faccia della terra. Si tratta di questioni che gli accordi commerciali devono affrontare. Ma una norma generale e assoluta contro gli scambi commerciali con le nazioni a bassi salari è un altro paio di maniche.
La sostanza del commercio sta nel fatto che i paesi devono puntare sui loro vantaggi competitivi, il che rende l’intera economia globale più efficiente. Se un paese ha una popolazione altamente istruita, mercati dei capitali fiorenti, e buone competenze high tech, come gli Stati Uniti o la Germania, esporterà al resto del mondo servizi di alto livello, come i servizi finanziari, e prodotti manifatturieri avanzati, come le automobili o gli aeroplani. Se invece l’unico vantaggio di un paese è l’abbondanza di manodopera relativamente poco qualificata, disposta a lavorare per 65 centesimi l’ora, allora probabilmente si ricaverà una nicchia nel tessile o nell’assemblaggio di prodotti elettronici, per poi costruire gradualmente know how e lavorare a qualcosa di più redditizio. Ma se, come scrive Jordan Weissman su Slate (Bernie Sanders’ Bizarre Idea of Fair Trade), gli Stati Uniti ora arrivano e dicono:«Scusa Vietnam, a meno che i tuoi operai non comincino a guadagnare 5 o 7 dollari l’ora, siamo intenzionati a comprare le magliette da un’altro», gli operai di Hanoi non otterranno improvvisamente un aumento. Verosimilmente, le fabbriche chiuderanno e la produzione si trasferirà in un paese i cui lavoratori saranno produttivi abbastanza da giustificare i salari del mondo sviluppato – che poi significa generalmente «il» mondo sviluppato. E gli Stati Uniti avranno appena compromesso l’unico vantaggio relativo del Vietnam.
Non si capisce, scrivono i giornali americani, se Sanders semplicemente non afferra la questione o non gli importa nulla. Forse pensa che l’unica ragione per cui i camiciai del Vietnam non guadagnano di più è che non hanno abbastanza potere contrattuale. O forse è più preoccupato del benessere di un numero relativamente piccolo di operai americani di quanto non lo sia del resto del mondo. Ora, senza dubbio il commercio con la Cina ha colpito alcune categorie di lavoratori americani (e nel frattempo avvantaggiato delle altre). Ma limitare il commercio con i paesi che hanno bassi salari così rigidamente come vuole Sanders colpirebbe i più poveri della terra. E parecchio. Il commercio è uno degli strumenti migliori che abbiamo per combattere la povertà estrema. E la ricetta di Sanders ridurrebbe in miseria milioni di persone già misere. Ma allora bisogna fare i conti con le implicazioni morali (e politiche) di questo atteggiamento che Zach Beauchamp ha illustrato nei dettagli (If you’re poor in another country, this is the scariest thing Bernie …). Oltretutto, come Beauchamp ha scritto nel suo articolo, una soluzione per i danni che il commercio ha fatto alla classe operaia americana ci sarebbe, ed è quella abbracciata dai paesi del nord Europa che Sanders cita spesso come modello. I paesi scandinavi sono estremamente aperti al commercio. Ma hanno anche un esteso welfare State che preleva denaro dai vincitori della globalizzazione e lo usa per compensare i lavoratori che invece perdono terreno. In questi paesi, tutti usufruiscono di merci meno costose, la classe media non soffre particolarmente e i poveri del mondo traggono beneficio dalla vendita dei loro beni ai consumatori più ricchi.

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