ANPAL: CIÒ CHE SI SPERIMENTA NON È LA RIFORMA

L’ESPERIMENTO PILOTA DELL’ASSEGNO DI RICOLLOCAZIONE APPLICA REGOLE CHE NE PREGIUDICANO IN PARTENZA IL RISULTATO, CONSENTENDO AI BENEFICIARI DI RINVIARE LA RICERCA DELLA NUOVA OCCUPAZIONE FINCHÈ GODONO DEL TRATTAMENTO DI DISOCCUPAZIONE

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 432, 10 aprile 2017 – In argomento v. anche la mia replica in Senato alla risposta del ministero del Lavoro del 30 marzo 2017 in materia di servizi al mercato del lavoro             .
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CpI 2Il 3 marzo scorso l’ANPAL ha inviato a 20.000 disoccupati la lettera con cui si offre loro, in via sperimentale, la possibilità di beneficiare di una nuova misura di politica attiva del lavoro che sembra ispirarsi alla riforma del 2015: l’assegno di ricollocazione. In sostanza, si consente loro di scegliersi liberamente, e retribuire con l’assegno a risultato ottenuto, l’operatore specializzato da cui farsi assistere nella ricerca del lavoro. Ora apprendiamo che, a un mese di distanza, hanno aderito a questa iniziativa soltanto 600 disoccupati: il 3 per cento dei destinatari di quella lettera! Come si spiega un interesse così basso? Lo spiega il Vademecum sulla sperimentazione dell’assegno di ricollocazione predisposto dalla stessa ANPAL: dove alle pagine 4 e 5 si legge che il destinatario può – trascrivo parola per parola – “pensarci su e riservarsi di aderire in seguito”. Entro quando? Entro il termine del trattamento di disoccupazione, che può durare fino a 24 mesi. Ora, chiunque si occupi di politiche attive del lavoro sa che la ricollocazione di una persona è tanto più difficile quanto più lungo è stato il suo periodo di disoccupazione. Consentire di “pensarci su” finché dura il sostegno del reddito significa lisciare il pelo a quella pessima cultura che caratterizza i nostri vecchi servizi per l’impiego, e di riflesso i comportamenti opportunistici di troppi disoccupati: quelli che considerano il godimento dell’ammortizzatore sociale come una sorta di prepensionamento, o comunque di vacanza. Ma questo è esattamente il contrario dell’idea cui si ispira la riforma del 2015. La quale mira invece a coniugare un forte sostegno economico e servizi di assistenza efficaci con una regola seria di condizionalità, volta proprio a evitare che il sostegno del reddito incentivi l’inerzia dei beneficiari, diventando un fattore di allungamento dei periodi di disoccupazione. Chi  ha scritto le regole di questo “esperimento-pilota”, in realtà, non vuole affatto sperimentare la riforma.

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