“TORNARE A MAASTRICHT”? SAREBBE UN ERRORE STRATEGICO GRAVE

Oggi non può essere su un aumento del debito pubblico che puntiamo per il consolidamento della nostra crescita economica, ma solo su politiche economiche espansive dell’Unione Europea

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Lettera pervenuta il 27 settembre 2017 – Segue la mia risposta – In argomento v. anche
Perché sul deficit e il debito pubblico Renzi sbaglia; inoltre l’editoriale telegrafico di Antonio Padoa Schioppa Macron apre una stagione nuova per la costruzione dell’Europa.
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Caro senatore, domenica scorsa alla festa dell’Unità, a Imola, nel discorso di chiusura il Segretario del Pd Renzi ha detto che “dobbiamo tornare a Maastricht”, cioè all’accordo fondativo dell’unione monetaria europea, col quale i Paesi firmatari si impegnavano a mantenere il deficit annuo entro il tre per cento. Non è questa una linea molto diversa da quella mirata a una accelerazione del processo di integrazione europea, esposta dal presidente francese Macron alla Sorbona, che lei mi sembra condividere? Non riesco a capire il senso di questa sbandata renziana. Lei mi sa spiegare che cosa sta accadendo? Con i migliori saluti
Edi Restivo

Renzi a Imola

Matteo Renzi a Imola

A una domanda molto simile a questa, postagli da Italia Oggi in un’ intervista pubblicata giovedì scorso, il senatore Giorgio Tonini – un sostenitore di Renzi dalla prima ora, presidente della Commissione Bilancio del Senato – ha risposto: “Non condivido questa posizione, bisogna andare avanti, non tornare indietro. Non è con politiche di maggiore indebitamento che il nostro Paese ce la farà”. La penso come Giorgio Tonini: con un debito pubblico pari oggi al 134 per cento del prodotto interno lordo, l’Italia non può pensare di trovare il consenso della Germania, dell’Olanda, della Finlandia, dell’Irlanda, su un programma che preveda un ulteriore aumento della nostra esposizione. Ma, soprattutto, dobbiamo considerare che oggi non può essere su un aumento del nostro debito che puntiamo per il consolidamento della nostra crescita economica, bensì solo su politiche economiche espansive dell’Unione Europea; e queste politiche espansive, i grandi investimenti sulle infrastrutture finanziati con i Project-bond, o comunque con risorse originariamente proprie dell’Unione, sono possibili soltanto se il processo di integrazione va avanti, non se si torna indietro di un quarto di secolo (il trattato di Maastricht è del 1992!). Per altro verso, c’è una iniquità evidente nel continuare ad aumentare il carico che già grava sulle spalle dei nostri figli e nipoti, prodotto dall’insipienza della nostra generazione.
E.R. mi chiede di spiegarle “il senso di questa sbandata renziana”; non le so rispondere, se non con una considerazione abbastanza ovvia: anche politici che hanno grandi meriti possono prendere una cantonata. Se Matteo Renzi saprà rendersene conto e correggere l’errore, la sua statura di statista ne sarà confermata, anzi rafforzata. Perché la scelta fondamentale di fronte alla quale l’Italia oggi si trova è quella tra partecipare da protagonista all’accelerazione del processo di integrazione europea che la Francia di Emmanuel Macron e la Germania di Angela Merkel stanno progettando, oppure collocarsi tra i Paesi riluttanti, di coda, quindi poco rilevanti, al tavolo dove le decisioni più importanti verranno prese.    (p.i.)

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