SE MATTARELLA PONE ESPLICITAMENTE SUL TAPPETO LA QUESTIONE EUROPEA

Per superare lo stallo, il Capo dello Stato, che è garante della Costituzione e dunque anche del rispetto degli impegni internazionali dell’Italia, sarebbe pienamente legittimato a farlo

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Primo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 475, 9 aprile 2018 – In argomento v. anche il secondo editoriale telegrafico di oggi, quello del 7 marzo 2018 e quello del settembre 2017, Se M5S e FI si rassegnano al Governo del Presidente        .
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Sergio Mattarella

Come sempre, quando si bloccano i meccanismi istituzionali ordinari si attiva il motore del Quirinale. Se all’esito del nuovo round di consultazioni che si apre questa settimana saremo ancora in una situazione di stallo, Mattarella dovrà assumersi la responsabilità di proporre un Governo che “garantisca il minimo” indispensabile previsto dalla Costituzione; e in questo minimo c’è anche il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia, tra i quali in primo luogo quelli verso l’UE. Il Presidente della Repubblica sarà dunque pienamente legittimato a chiedere il sostegno del Parlamento a un Governo, guidato da persona gradita a tutti, nel cui programma venga esplicitata con la massima chiarezza la conferma dell’impegno a rispettare i vincoli assunti in sede europea. Un Governo, dunque, che nel suo programma prenda il minimo programmatico comune ai tre poli maggiori, ma rimanendo sul sentiero stretto al di fuori del quale c’è soltanto l’uscita del Paese dall’euro: che si impegni, sì, nella lotta alla povertà, ma con il rafforzamento e l’ampliamento dell’area di applicazione del Reddito di Inserimento nei limiti delle disponibilità finanziarie; che si impegni, sì, per l’aumento dell’occupazione, ma proseguendo sulla via della riduzione del cuneo contributivo e fiscale e attuando la riforma dei servizi per l’impiego; e che rinunci alla controriforma pensionistica predicata da Di Maio e Salvini. Solo il Capo dello Stato, in una situazione di grave stallo, può indurre M5S e/o Centrodestra ad accettare una soluzione minimale di questa natura; e se l’uno e/o l’altro polo, o una parte sufficiente dell’uno e/o dell’altro, accettassero questo insieme di condizioni, il Pd non potrebbe certo tirarsi indietro. Se invece sull’appello del Quirinale non si formasse una maggioranza, allora si dovrebbe tornare alle urne; questa volta, però, con maggiore chiarezza sulla posizione di ciascun partito rispetto allo spartiacque fondamentale per il futuro del Paese: quello del processo di integrazione europea.

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