PESANTI SONO STATE LE NOSTRE RESPONSABILITÀ DI INTELLETTUALI CIARLIERI

“Ma quel po’ di umanesimo che ha di tanto in tanto soffuso la vita delle società civili europee, quando sono state tali (e anche il pochissimo di umanesimo che resiste ai margini di quelle incivili) viene fondamentalmente dalle vacanze felici dei (non molti) bambini delle borghesie di una volta, è quella la sua ultima fonte e la sua preziosa riserva”

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Lettera di Roberta De Monticelli, professoressa di filosofia nelle Università di Ginevra e di Milano San Raffaele, 25 maggio 2018 – Gli altri commenti, recensioni e documenti relativi a
La casa nella pineta sono raccolti nella pagina web dedicata al libro    .
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Roberta De Monticelli

Caro Pietro, (ma chissà se leggi tu le mail di questo indirizzo – comunque confido che prima o poi questa ti arrivi)… chissà mai se in qualche neurone periferico del tuo cervello, magari attraverso Paolo Nichelli o Giovanna tua sorella, possa esserti rimasta una vaga traccia di me – anticipo questo dubbio per presentarmi e giustificare la mail. Sono Roberta ed ero credo in quinta ginnasio quando tu e Paolo eravate in terza liceo (o seconda, non so più) – so che venivo spesso a sbirciare l’uscita della vostra classe perché ero molto innamorata di Paolo Nichelli che non credo l’abbia mai saputo anche perché non devo averlo confessato neppure a me stessa, e comunque ero uno spinacino ancora più piccolo e sparuto di ora e non avresti gran motivi di ricordarti.
Volevo dirti che non potrò venire alla presentazione milanese delle tue memorie perché sarò in volo per Montréal per un convegno, ma me ne dispiace molto, perchè sto leggendo il libro e naturalmente mi ha molto colpito – anzi è un piece of evidence per la mia recente teoria che quel po’ di umanesimo che ha di tanto in tanto soffuso la vita delle società civili europee, quando sono state tali (e anche il pochissimo di umanesimo che resiste ai margini di quelle incivili) viene fondamentalmente dalle vacanze felici dei (non molti) bambini delle borghesie di una volta, è quella la sua ultima fonte e la sua preziosa riserva. Altro che dai miei filosofi.
Ho dato un’occhiata al tuo sito e sono intimiditissima di fronte a una vita così poderosa e piena, così incisiva e carica di conseguenze (e anche così ben organizzata nel suo pubblico display). E’ naturale che venga voglia – come è venuta a me – di farti un milione di domande sul senso della storia italiana dei nostri anni – a te che ne sei un pezzo vivo. E dunque chissà quante lettere hai ricevuto così, specie dopo l’uscita del tuo bel libro, e mi scuso di aggiungermi anch’io.
Ma non c’è fretta. Io pure sono ormai vicina a un tempo di bilanci – che per te sono forse solo provvisori, dato che credo tu sia ancora attivissimo – ma per me, almeno per quello che è della vita professionale, una volta andata in pensione come medito di fare con un poco d’anticipo, saranno definitivi… e non sono felici. Non parlo di me, parlo del mio mestiere che in qualche modo voleva prolungare quello del nostro comune piccolo maestro, perché anche voi, vero, avevate Domenico Fusini insegnante di filosofia e storia?
Per molte ragioni, non parlo solo di me, è giusto che il giudizio su… gli eredi di Socrate della mia generazione sia impietoso. Questa che c’è è l’Italia che abbiamo contribuito a formare, e pesanti sono state le nostre responsabilità di intellettuali irresponsabili e ciarlieri – fossimo servitori di piazza dei potenti, o più frequentemente evocatori di Prosopopee terribili e vane, ma utili a mascherare la nostra ignoranza (il Destino dell’Occidente, la Tecnica, la Finanza, il Neoliberismo, i Poteri Forti), comunque accomunati con poche eccezioni da uno scetticismo etico e civile radicale, accanito contro quel po’ di dolce luce dei Lumi che ancora scintilla in certi angoli di questa città (suggestivo l’intreccio luccicante di rotaie del tram sulla locandina che abbiamo ricevuto per il tuo incontro).
Ma certo non di questa luce si sono fatti alfieri quelli che hanno retto e ora disfatto le fila del partito in cui tu sei – apprendo dal tuo sito – rientrato abbastanza recentemente. Oh no. E la battaglia sul Referendum ci ha incattiviti oltre ogni senso. Io facevo parte della Presidenza di Libertà e Giustizia. Mi sono ritirata anche da quella, perché non sono riuscita a mostrare persuasivamente come  le parole  dell’idealità possano esser liberate da quelle dell’ideologia.  E perché l’idealità ha bisogno della conoscenza e della scienza per non ridursi a retorica (infatti ho lasciato il posto a un giovane e valente giurista). E poi perché mi pare che la grandezza di quella posta in gioco che era l’idea di Europa, e il pericolo che l’idea tramonti,  non siano stati veramente vissuti fino in fondo fra noi. E infine, perché mi pare sia mancata in noi  la coscienza delle alternative in cui la sciagurata avventura renziana ci ha gettato. La vittoria del no, sostenuta dal “popolo”(!) italiano, non sarebbe stata meno “tragica” di quella del sì – benché io mi sia impegnata sul fronte del no e ancora lo farei se una riforma del genere venisse ancora proposta COSI’. Ma non è di questo che volevo parlarti.
Volevo chiederti se mi permetti di mandarti – e dove? – il piccolo libro che ho chiamato Al di qua del bene e del male, e in cui ho provato a far confluire in modo discorsivo, spero leggibile, quello che dicevo sopra sull’amaro bilancio di noi “educatori”. Il libro ha una pars construens, tuttavia, in cui si riassumono in pratica gli sforzi di tutta la mia vita. Solo che Einaudi, sulla scorta di alcuni altri piccoli libri miei, lo ha considerato una specie di pamphlet, e buttato nel fascio degli usa e getta. Così non ho potuto parlarne con nessuno – non dico del libretto stesso, per quello bastano le presentazioni accademiche per carità – ma delle questioni che sollevo, per capire se hanno un senso anche per qualcun altro o solo per me. Da questo nulla ad affliggerne addirittura un Pezzo Di Storia Italiana (tu) ce ne corre, ma l’impudenza a volte non ha limiti. […]
Beh, se sei riuscito a leggere fin qui qualche speranza c’è – e in ogni caso scusa la lungaggine, scusa davvero. Il tuo libro riapre il cuore a qualche misteriosa speranza, sebbene non sappia né quale né perché.
Un abbraccio da lontano,
Roberta

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