LE SGRAMMATICATURE DEL MINISTRO-POLIZIOTTO

Coll’auspicare che Cesare Battisti “marcisca in carcere fino all’ultimo dei suoi giorni” Salvini si è messo sul suo stesso piano, mostrando di ignorare l’articolo 27 della Costituzione

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Primo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 492, 16 gennaio 2019 – In argomento v. anche il mio intervento al convegno sul tema Fine pena mai svoltosi nel carcere di Padova il 20 gennaio 2017: ivi nel testo i link ad altri scritti sullo stesso tema.
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Il ministro Salvini a Ciampino

Chi fosse passato ieri per l’aeroporto di Ciampino intorno a mezzogiorno avrebbe visto schierato davanti alla pista d’atterraggio il nostro ministro dell’Interno, in divisa da poliziotto, accanto al ministro della Giustizia, che aveva scelto per sobrietà di non indossare la toga da magistrato, ma la divisa della polizia penitenziaria. I due membri del nostro Governo stavano attendendo l’arrivo di un collega straniero per rendergli i dovuti onori? Macché: stavano attendendo tale Battisti Cesare, condannato a quattro ergastoli. Ovviamente non per salutarlo, ma solo per farsi belli mediaticamente della cattura del latitante. Ora, in questa cattura un qualche (peraltro modestissimo) ruolo può essere riconosciuto al ministero della Giustizia, che ha chiesto l’estradizione del condannato; oppure al ministero degli Esteri che l’ha seguita sul piano diplomatico; oppure alla magistratura, alla quale soltanto compete la direzione della polizia giudiziaria; ma il ministero degli Interni non ha avuto proprio alcun ruolo di cui menar vanto. Dunque la presenza esibita dal ministro-poliziotto a Ciampino in quest’occasione appare una vera e propria sgrammaticatura sul piano istituzionale. Una sgrammaticatura ancora peggiore, però, è quella nella quale lo stesso ministro ha pensato bene di esibirsi, sempre a beneficio dei media, quando ha salutato lo sbarco del pluricondannato con questa frase lapidaria: “Ora deve marcire in galera fino all’ultimo dei suoi giorni”. Qualcuno dovrebbe leggere al ministro Salvini l’articolo 27 della Costituzione, e in particolare il principio per cui la pena deve tendere non a “far marcire” il condannato, ma a riabilitarlo sul piano civile e morale: la nostra giustizia non opera come la spada che vendica, producendo nuove ferite, ma come l’ago e il filo che ricuciono il tessuto strappato. Per fortuna il ministro-poliziotto non ha alcuna competenza nell’esecuzione della pena inflitta a Cesare Battisti. Ma una cosa è certa: con quella frase il ministro si è messo sullo stesso piano del criminale.

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