LA “MANINA SAPIENTE” CHE RIBALTA IL SENSO EFFETTIVO DI UNA LEGGE

Un esempio da manuale di come una norma presentata come giro di vite draconiano contro i dipendenti pubblici infedeli o fannulloni si trasforma per loro in garanzia di impunità

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Terzo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 508, 21 ottobre 2019 – In argomento v. anche Impiego pubblico: la responsabilità della dirigenza – In questo sito ho dato, peraltro, a suo tempo notizia del Servizio interprovinciale per la prevenzione e risoluzione delle patologie del rapporto di lavoro: un modello di buona organizzazione consortile del servizio di consulenza per la gestione del personale, che tutte le amministrazioni dovrebbero adottare, anche per neutralizzare i trabocchetti che la legge pone sul loro cammino


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Il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta con la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso

Ricordate la “legge Brunetta” del 2009, quella varata per dare un giro di vite draconiano contro i dipendenti pubblici infedeli o fannulloni? Ecco: il decreto n. 150 emanato per la sua attuazione ha inserito nel Testo Unico per l’impiego pubblico una norma (l’articolo 55-bis) che sembra fatta apposta per consentire ai colpevoli di schivare la punizione. A differenza di quanto previsto dallo Statuto dei Lavoratori per il settore privato, la norma impone un termine di 20 giorni tra la cognizione della mancanza e la contestazione disciplinare, 40 giorni per le mancanze più gravi: disposizione, questa, il cui rispetto per lo più è molto difficile, perché per valutare la notizia e redigere la contestazione occorre una competenza specialistica che l’ufficio normalmente non ha. Così, sotto l’apparenza di una norma volta a rendere più rapida la reazione alle mancanze dei dipendenti, in realtà si assicura a questi ultimi l’impunità. La norma prosegue istituendo un altro trabocchetto: l’obbligo di convocare il dipendente con un preavviso di almeno 10 giorni; 20 per le sanzioni più gravi. Ora, l’applicazione di questa regola presuppone che l’amministrazione abbia fin dall’inizio chiaro quale sanzione intende applicare; ma nella realtà per lo più la valutazione è possibile solo dopo che l’interessato ha presentato le proprie giustificazioni. Infine la norma pone un termine entro il quale l’intero procedimento deve concludersi, con l’archiviazione o l’irrogazione del provvedimento disciplinare: 60 giorni per le sanzioni minori, 120 per le maggiori; ma l’esperienza insegna che in un’infinità di casi è necessario integrare le contestazioni originarie e approfondire le indagini, il che richiede tempi maggiori. Così la “legge Brunetta”, presentata come un severo giro di vite contro il lassismo amministrativo, è trasformata di fatto dall’abile manina dell’alto funzionario che la ha stesa in un campo minato per le amministrazioni che vogliono praticare un minimo di rigore e disciplina.

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