I RIDER CONTRO IL DECRETO N. 101

La nuova norma si applica anche ai rider “liberi professionisti”, se la loro prestazione ha carattere non soltanto occasionale – I quali non sembrano gradire molto questa protezione; possono però evitarla con un contratto collettivo, nazionale o aziendale, in deroga

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Messaggio pervenuto il 26 ottobre 2019, a seguito della pubblicazione sul sito lavoce.info del mio articolo Per proteggere i rider aboliamo le collaborazioni continuative.
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Buongiorno professor Ichino e scusi il disturbo. Ho 38 anni e sono un rider a  partita Iva. Faccio parte dell’ANAR, Associazione Nazionale Riders Autonomi, firmatari della petizione Riders contro il decreto. Non so se ha sentito parlare di noi, comunque ho letto il suo articolo e una cosa non ci è chiara in questo decreto, ovvero: la modifica al Jobs acts riguarda i co.co.co o noi a partita Iva? Perché la partita Iva non è specifica per il settore visto che non esiste un codice relativo al settore ma semplicemente servizi di supporto; vale a dire la uso per le piattaforme ma potrei usarla anche per altre cose. Il doppio binario poco chiaro dei continuativi e degli occasionali ci riguarda? Perché io potrei lavorare anche per più piattaforme con la partita Iva e a quel punto chi stabilisce se sono continuativo o no?  Il 90% delle piattaforme utilizza ritenuta d’acconto e partita iva e forse solo il 10% il rapporto di co.co.co. Io spero che i rider a partita Iva non rientrino nella modifica del Jobs Act: siamo esterni e comunque la nostra tipologia di lavoro non ha nulla a che vedere col lavoro subordinato visto che possiamo accettare una consegna oppure no, posso fare quello che voglio e anche i turni posso interromperli quando voglio senza ripercussioni e senza avvisare nessuno. Basta un click sull’ app.  Io le sarei grato se mi spiegasse questa cosa del Jobs acts e dei rider a partita Iva perché c’è molta preoccupazione visto che siamo tanti in questa condizione e in tanti a mantenere le nostre famiglie grazie a questo lavoro, che la nuova norma minaccia di farci perdere. Grazie
S.D.

La nuova disciplina si applica anche ai rider a partita IVA, se la loro prestazione ha carattere non soltanto occasionale

La preoccupazione di S.D. è la stessa di molti altri suoi colleghi: è dunque opportuno chiarire i termini della questione. In materia di diritto del lavoro non conta tanto la forma del contratto, quanto la sua sostanza, ci0è la struttura effettiva del rapporto che le parti hanno posto in essere. Dunque conta poco o nulla il fatto che le parti abbiano scelto di qualificare il rapporto in termini di libera professione “a partita IVA”, piuttosto che di “collaborazione coordinata e continuativa”, o altrimenti: conta solo la struttura effettiva della prestazione, il suo carattere occasionale o continuativo, il suo essere o no organizzata per mezzo di collegamento a una piattaforma digitale, essere a carattere personale o di piccola impresa.

Dunque, il fatto che nel caso di S.D., come di molti altri, si sia scelta la forma della prestazione a partita IVA non esime dall’applicazione di quanto previsto nella nuova norma che il Governo e il Parlamento si apprestano a varare:  secondo quanto previsto dalla legge di conversione del decreto-legge n. 101/2019 approvata dal Senato la settimana scorsa, in tutti i casi nei quali la prestazione abbia una qualche continuità nel tempo si applica la disciplina generale del lavoro subordinato ordinario. Sono escluse soltanto le prestazioni effettivamente occasionali, cioè isolate.

L’unico modo per evitare questa conseguenza è che i rider si organizzino in un sindacato maggiormente rappresentativo nell’impresa per cui lavorano e stipulino con questa un accordo aziendale “in deroga”, a norma dell’articolo 8 del decreto-legge n. 138/2011.    (p.i.)

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