DATI SORPRENDENTI SULLA MOBILITÀ DEL LAVORO

Nonostante la gravissima crisi economica e il blocco dei licenziamenti, i servizi di outplacement funzionano a pieno ritmo e mostrano come domanda e offerta di lavoro siano notevolmente attive nel mercato – E si conferma la presenza di “giacimenti occupazionali” che potrebbero essere fin d’ora sfruttati molto meglio

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Seconda parte dell’intervista a Cristiano Pechy (responsabile per l’Italia e amministratore delegato di LHH, la società del gruppo Adecco specializzata nei servizi di outplacement),
a cura di Lidia Baratta, pubblicata su Linkiesta il 5 gennaio 2021 (ivi anche la prima parte dell’intervista) – In argomento v. anche Skill shortage anche nella fase più nera della crisi
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Ma i lavoratori riescono a ricollocarsi in un momento di crisi?
La sorpresa è che noi stiamo vedendo gli stessi tassi di replacement del periodo pre-crisi tra le figure che assistiamo. Ci aspettavamo il 15-20% di decrescita. Noi siamo sempre stati intorno all’82% di replacement con una media di circa sei mesi in termini di tempo di ricollocazione. Oggi vediamo la stessa percentuale, solo con un mese in più di ricollocazione, soprattutto per quelle figure che hanno avuto la transizione con il mese di aprile in mezzo. Il blocco vero di ricollocamento, infatti, noi l’abbiamo visto ad aprile. Oggi invece il mercato c’è ancora e lo dimostrano anche le società di recruitment che stanno lavorando in maniera molto buona.

È certamente un mercato diversificato rispetto al pre-pandemia.
Certo. Ci sono settori trainanti oggi in cui c’è necessità di assunzioni: logistica, digitale, grande distribuzione, farmaceutico, health care e servizi alla persona. I settori maggiormente in difficoltà, come l’alberghiero, hanno avuto figure che si sono mosse verso settori più sicuri, ma i loro ruoli sono comunque necessari e quindi è stato necessario pensare a una sostituzione. Un po’ di movimento si osserva quindi anche in quesi settori più in crisi.

Quello che vediamo è ancora un costante mismatch tra le esigenze del mercato in termini di competenze e quella che è l’offerta dei candidati a livello di skill. Il problema dopo il 31 marzo sarà proprio la qualità non la quantità. Prevediamo centinaia di migliaia di offerte di lavoro in Italia nei prossimi anni in materie scientifiche o di analisi dei dati, legate a professionalità su cui non abbiamo grandi offerte in termini di candidati. Ci aspettiamo che il governo trovi una formula che vada a diminuire questo mismatch in termini di competenze e formazione.

Cosa serve?
Una volta era l’azienda che si occupava della crescita del lavoratore. Oggi deve pensarci il lavoratore stesso: ognuno di noi deve capire quai sono le competenze maturate fino a oggi e quali di queste sono necessarie per essere altamente collocabili nel breve periodo. Dobbiamo essere pronti, da un momento all’altro, a una variazione del mondo del lavoro, continuando a fare un lavoro di analisi personale e di valutazione del mercato del lavoro, e a portare avanti dei percorsi di formazione su di sé in modo da continuare a essere occupabili.

I servizi di outplacement sono centrali in questo disegno?
L’outplacement offre molto supporto in questo momento perché ha il compito di rendere coscienti i lavoratori rispetto a quelli che sono i propri asset di competenza, rispetto alle richieste del mercato e a come aumentare la propria employability nel mondo professionale. Questo è uno strumento che andrebbe potenziato nelle aziende, come ha sottolineato anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi.

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