COME SI PROTEGGE SUL SERIO IL LAVORO

Differenziare il blocco dei licenziamenti a seconda che la ripresa del lavoro sia possibile o no – Istituire il collegamento organico fra Anpal e Inps – Attivare gli incentivi giusti per il buon funzionamento dell’assegno di ricollocazione – Realizzare un coordinamento nazionale dei Centri per l’Impiego

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Articolo di Marco Bentivogli, Pietro Ichino e Lucia Valente pubblicato su
la Repubblica il 9 marzo 2021 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico del 22 febbraio scorso, Tenere in freezer chi ha perso il posto fa solo il suo danno: ivi i link ad altri miei interventi e interviste
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Marco Bentivogli

Blocco dei licenziamenti e Cassa Integrazione Covid hanno svolto una funzione molto importante per contenere la perdita di posti di lavoro nella pandemia. Ma a un anno dall’inizio dell’emergenza una loro proroga indiscriminata rischia di produrre danni maggiori rispetto ai benefici. Il puro e semplice rinvio, anche solo di pochi mesi, aumenterà la portata della “deflagrazione” al momento della rimozione del blocco. Occorrono invece misure differenziate per situazioni differenziati. Vediamo più da vicino alcune possibili piste di lavoro.

 I casi di chiusura irreversibile di attività. Nei casi in cui è certo che il lavoro non riprenderà, prolungare il divieto di licenziamento danneggia non solo le imprese, ma anche le persone interessate, cui si offre solo la prospettiva di inerzia, quindi di allontanamento progressivo dal mercato del lavoro. È molto più utile per le une e per le altre, in questi casi, che si consenta la cessazione dei rapporti di lavoro, si riattivino gli assegni di ricollocazione e si aumentino entità e durata del trattamento di disoccupazione. Per esempio alzando i tetti attuali della NASpI (lo stesso va fatto per la Dis-Coll, riservata ai collaboratori) e allungandone la durata massima. Occorre ricordare che anche in questo periodo di crisi gravissima le assunzioni regolari in Italia si contano in centinaia di migliaia ogni mese; e in una frazione di esse che va da un sesto a un terzo, a seconda dei settori e dei profili professionali, le imprese hanno difficoltà a trovare le persone che cercano.

Le aziende in difficoltà temporanea. Alle aziende che non avevano difficoltà prima della pandemia ma oggi denunciano una scarsa capacità di adattamento delle nuove catene di fornitura, o problemi di liquidità per difficoltà di accedere a finanziamenti o ristori, vanno assicurati sostegni che consentano loro di superare positivamente l’emergenza. In questi casi,  in assenza dei requisiti per la Cassa integrazione ordinaria, prorogare il blocco dei licenziamenti e la Cassa Covid ha un senso, purché in una prospettiva di recupero concertata tra le imprese stesse, il sindacato e l’autorità pubblica competente. Questo significa che la stessa Cassa Covid non deve più essere del tutto priva di procedura e di condizioni.

Lucia Valente

Anpal e Inps insieme per la maggiore efficacia delle politiche attive del lavoro. Oggi manca qualsiasi connessione operativa tra l’Inps, che eroga gli ammortizzatori sociali, e l’Anpal, che dovrebbe promuovere le politiche attive del lavoro: quelle, cioè, cui è affidato il compito della promozione dell’incontro fra domanda e offerta di lavoro e dell’accorciamento dei periodi di disoccupazione. La connessione operativa tra i due organismi consentirebbe di attivare gli incentivi giusti per ottenere la massima efficacia delle politiche attive, un controllo adeguato sulla partecipazione delle persone interessate e il conseguente contenimento della spesa per il sostegno del loro reddito. Questo è tanto più importante nel momento in cui si sta ponendo mano alla riattivazione dello strumento importantissimo dell’assegno di ricollocazione.

L’Anpal e i Centri per l’Impiego. I CpI di tutta Italia devono essere liberati dal lavoro burocratico, suscettibile di essere per la quasi totalità digitalizzato e automatizzato, in modo da potersi dedicare ai servizi di orientamento, informazione e assistenza all’incontro fra domanda e offerta di lavoro, loro funzione primaria. Non è pensabile che questo avvenga su tutto il territorio nazionale senza un coordinamento della funzione da parte dell’Anpal; che nel contesto istituzionale attuale deve essere concordato in sede di Conferenza Stato-Regioni. Occorre anche integrare il sistema informativo dei CpI con quello dell’Inps e  possibilmente anche con quello di Infocamere, in modo che sia possibile monitorare non solo i requisiti ma il percorso di ogni persona in cerca di occupazione.

Rivedere il “decreto dignità”. Nella situazione di accentuata incertezza determinata dalla pandemia la drastica limitazione della possibilità di assunzione a termine e in somministrazione ha penalizzato i livelli di occupazione e aumentato il fenomeno dell’assunzione a rotazione negli stessi posti di lavoro. Il ritorno al quadro normativo precedente, almeno fino al superamento della gravissima crisi attuale è una misura che aiuterebbe a tonificare la domanda di lavoro regolare, soprattutto se accompagnato da misure che rendano effettivo il diritto di tutti – compresi i collaboratori autonomi – alla formazione mirata agli sbocchi occupazionali esistenti e controllata capillarmente nei suoi esiti.

Nessuna di queste cinque mosse è facile, perché ciascuna è ad alto contenuto di trasformazione dei servizi per il lavoro. Ma la crisi che il Paese attraversa è gravissima e richiede che ci si lasci alle spalle ogni residuo di pigrizia e di demagogia.

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