A CHE COSA DOVREBBE SERVIRE IL 25 APRILE – 1

La Festa della Liberazione non può ridursi a un’acritica celebrazione dell’epopea partigiana: deve essere anche l’occasione per riflettere sulle gravi responsabilità delle forze antifasciste nell’avvento della dittatura

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Editoriale telegrafico per il 25 aprile 2021 – Il giorno successivo, a seguito di una quantità insolita di visualizzazioni di questo post e di contestazioni su
Twitter, ho pubblicato questo ulteriore, ma più ampio, articolo sullo stesso tema In argomento v. anche Storie della Resistenza, in occasione della stessa Festa del 2020, e La liberazione a Buchenwald, messo online su questo sito in occasione della stessa Festa del 2016

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La scissione di Livorno del Partito Socialista del 1921, da cui nacque il Partito Comunista d’Italia – Ne seguì poco dopo un’altra da cui nacque il Partito Socialista Unitario

Se è solo – come purtroppo da tempo tende a essere – un’occasione per rinnovare frasi retoriche sull’eroismo dei partigiani, o la celebrazione acritica del trionfo della democrazia sulla dittatura, il 25 aprile rischia persino di diventare un rito controproducente. Tutt’altro valore avrebbe se fosse l’occasione per riflettere, prima ancora che sulla Liberazione dal fascismo, sul fascismo stesso e le sue cause. È giusto ricordare il sacrificio di chi ha sacrificato la vita per la libertà; ma non dobbiamo sprecare quest’occasione preziosa per riflettere anche sulle responsabilità di chi, un quarto di secolo prima, il fascismo avrebbe dovuto combatterlo efficacemente e invece gli spalancò le porte. Conoscere e far conoscere anche le vicende del quinquennio 1919-24, durante il quale le forze antifasciste si suicidarono. Ripercorrere criticamente gli anni in cui il movimento operaio dissipò tutta la propria enorme forza in un gran fiorire di scioperi senza costrutto e senza speranza; gli anni delle piccole, sciocche violenze dei braccianti contro i padroni, destinate soltanto a essere usate per giustificare le grandi, sistematiche violenze degli squadristi. Studiare – noi tutti, non soltanto i nostri ragazzi totalmente ignoranti del secolo passato – gli anni nei quali l’intera sinistra italiana si lasciò stregare dalla rivoluzione russa e si mise a predicarne il prossimo avvento anche a sud delle Alpi, riuscendo ciononostante a dividersi tra comunisti e socialisti, poi tra socialisti massimalisti e riformisti, fino a presentarsi frantumata alle elezioni del ’24; cui i fascisti trionfanti si presentarono invece con un listone capace di unire quasi tutto il resto dell’elettorato, giungendo a vincere col voto del 64,9 per cento degli italiani. Se non la utilizziamo per una approfondita riflessione critica sulle origini della dittatura, sul motivo per cui in quel passaggio fatale essa ricevette qualche applauso anche dai Giolitti e dai Croce, la festa del 25 aprile rischia persino di favorire il ripetersi degli errori originari.

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