Muoiono sul lavoro lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi e imprenditori; ma, per nostra fortuna, oggi in azienda si muore cinque volte meno di mezzo secolo fa – La superficialità con cui prevalentemente se ne parla non aiuta a individuare i modi per rendere le fabbriche e i cantieri più sicuri
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Seconda parte dell’articolo di Claudio Negro contenuto nel numero 152 del bollettino Mercato del lavoro News, organo della Fondazione Anna Kuliscioff, il 2 ottobre 2023 – V. anche, in proposito, quello che risposi 14 anni fa a un RLS (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza): Non c’è nulla di bianco nelle morti bianche
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[…] Ciò detto per quanto concerne il sentiment che avviluppa le morti bianche, è anche opportuno fare qualche numero per rimettere i piedi nella realtà, premettendo che anche la morte di una sola persona è un evento inaccettabile: nel 1°semestre 2023 i morti per causa di lavoro sono stati 463, 13 in meno del 1° semestre 2022 e 32 meno del 2019 (non si fa il confronto con il 2020 perchè ovviamente il Covid ha pesantemente condizionato i dati). Per il 2022 intero i morti sono stati 1090, di cui 300 per incidenti stradali. Sono dati non dissimili da quelli dell’Europa: nel 2021 (ultimo dato disponibile) il tasso di infortuni mortali in Italia è stato di 2,6 ogni 100.000 lavoratori, la media UE di 1,77, la Germania 0,86 ma la Francia 3,32. Non solo: la mortalità è in costante calo: se ci si prende la briga di andare a consultare le serie storiche dell’Inail si osserva che nel 1951 i casi furono 3.511 (con un numero di lavoratori significativamente inferiore a quello attuale), ha poi toccato il massimo nel 1963 con 4.644 per arrivare a 1.104 nel 2008 e toccare il minimo storico nel 2022 (1.090). Non una strage sempre più grande, ma un male contro il quale si combatte con risultati tangibili. In Italia le normative sulla sicurezza del lavoro sono avanzate, e coinvolgono con responsabilità dirette anche il Sindacato. Se regole e procedure non vengono rispettate c’è soltanto da condannare responsabilità individuali, non da evocare scenari di inesorabile macello o di additare misteriose responsabilità del genocidio. Il punto è che dobbiamo avviare al più presto strategie e comportamenti concreti per ottenere una più netta inversione di tendenza in materia di infortuni sul lavoro.
Le morti sul lavoro devono essere combattute, con tutti i mezzi che la tecnica e la conoscenza mettono a disposizione, non essere evocate a dimostrazione spettacolare delle efferatezze del capitalismo o dell’inefficienza dello Stato.
Last but not least: la L. n. 626 e le norme successive istituiscono una precisa responsabilità (diritti + doveri) dei Sindacati nella vigilanza e codeterminazione dell’applicazione delle regole sulla sicurezza nelle aziende: magari meno appelli e slogan e un utilizzo più assiduo, preciso, rigoroso degli strumenti che ci dà la Legge?
Al proposito mi pare retorica, superficiale ed emotiva la proposta di istituire il reato di “omicidio sul lavoro” che ricorre nei discorsi del sindacato. Trascurando come essa riprenda in sindacalese un vezzo della cultura nazionale, per la quale è importante avere una legge ad hoc per ogni specifico crimine molto più che far funzionare quelle che già esistono, come se la catalogazione del reato fosse requisito indispensabile per reprimerlo, è opportuno notare che quando una Procura, a fronte di una morta bianca, aprisse un’indagine per omicidio cambierebbero natura anche le trascuratezze di chi avrebbe dovuto vigilare sull’applicazione rigorosa delle norme di sicurezza: non solo dirigenti dell’azienda e capi reparto, ma anche RLS e Organismi Sindacali che dovrebbero orientare e controllare l’attività. La tecnologia consente l’utilizzo di strumenti sempre più efficaci ma anche le cose più semplici potrebbero divenire di grande utilità se cogestite a livello aziendale. Per esempio l’uso delle telecamere, se riservata esclusivamente a fini di formazione, potrebbe aiutare a correggere comportamenti che mettono a rischio la sicurezza dei dipendenti.
Ancor più necessario sarebbe raccogliere e promuovere proposte come quella di introdurre nella scuola la cultura della sicurezza, anche per evitare che il lavoratore consideri la misure di sicurezza come una cosa che riguarda l’azienda o addirittura come una noiosa perdita di tempo.
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