IL REBUS COME STRUMENTO PER INSEGNARE L’ITALIANO

Saper giocare con le parole è una risorsa preziosa: perché le parole sono dei “giocattoli” che abbiamo sempre con noi – Sette modi di usare questo “giocattolo” a scuola, approfittando del divertimento dei ragazzi per far loro cogliere le tenui sfumature di significato diverse, insegnare loro parole nuove e un po’ di etimologia

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Riproduco qui l’Introduzione al libro Il rebus nella disattica dell’italiano. Giochi linguistici per arricchire il lessico, Giunti Edu, 2024, pp. 144 – In argomento v. anche, su questo sito, Il rebus come strumento per insegnare l’italianoNella nota (*) a piè di pagina la soluzione del rebus tratto dal libro, proposto in Home Page   .

Saper giocare con le parole è una risorsa straordinariamente preziosa: perché le parole non costano nulla e sono dei “giocattoli” che abbiamo sempre con noi in grande abbondanza. Ma è un mezzo particolarmente utile per chi deve insegnare l’italiano a bambini o ragazzi, perché non c’è niente di più efficace del gioco per rendere l’apprendimento facile e immediato.

Chi fa questa esperienza didattica resta sorpreso constatando come, appreso il meccanismo, non solo i ragazzi di scuola secondaria ma anche i bambini della primaria tendono a prolungare il gioco continuandolo fra di loro anche in assenza dell’insegnante. Una docente della scuola secondaria mi raccontava che, aperta la gara a chi trovava più parole bisenso, con relativa graduatoria destinata inizialmente a chiudersi nel giro di due o tre giorni, a distanza di un mese i suoi allievi erano ancora attivissimi nel comunicare nuovi bisensi, esigendo ogni volta che la graduatoria venisse corrispondentemente aggiornata. In un altro caso la gara che si è prolungata molto oltre il termine inizialmente previsto è stata quella a chi riusciva a costruire il maggior numero di nuove parole partendo da.una parola iniziale e aggiungendo non più di tre lettere.

Tra i modi di giocare con le parole quello forse più affascinante è il rebus, perché in esso si coniugano testo e immagine: la manipolazione del primo parte dall’interpretazione della seconda. Il rebus è un gioco che la maggior parte delle persone considera astruso, se non esoterico; nel libro L’ora desiata vola. Guida al mondo dei rebus per solutori (ancora) poco abili (Bompiani, 2021) mi sono proposto di mostrare come esso sia molto più facile di quanto non appaia a chi non lo ha mai praticato e di fornire gli strumenti indispensabili per muoversi con sicurezza in tale mondo fascinoso. In questo libro, invece, mi propongo soltanto di mostrare come il rebus sia anche il gioco che offre la più ampia gamma di possibili usi didattici nell’ambito dell’insegnamento dell’italiano a partire da quello più elementare, consistente nell’acquisizione del significato di parole poco usuali o delle sfumature di significato di certi aggettivi o avverbi.

Naturalmente, per attivare questo gioco come strumento didattico dobbiamo far sì che gli allievi acquistino un minimo di dimestichezza con esso: cerchiamo di fornire dunque loro almeno le nozioni e le regole basilari. Ma non è indispensabile che essi diventino solutori provetti: basta che ne conoscano almeno i rudimenti; in seguito li inviteremo a compiere quanto sono in grado di svolgere del percorso necessario per la soluzione, guidandoli per mano nella parte o nelle parti rimanenti.

Vedremo più avanti anche alcuni modi più semplici di giocare con le parole – trovare quelle che si nascondono dentro altre, costruirne alcune per mezzo di altre, trasformare i nomi propri in immagini, andare a caccia di bisensi o di sinonimi – che presentano tutti affinità con il gioco del rebus e sono utilissimi ai principianti per capirne meglio la logica e le regole. Dobbiamo essenzialmente saper suscitare negli allievi l’interesse e la curiosità per la scoperta del significato nascosto sotto quello apparente dell’immagine, affinché assaggino il piacere sottile, talvolta intenso, della sorpresa per la metamorfosi testuale nella quale il gioco si risolve: il piacere è infatti una molla di apprendimento straordinaria.

Per questo aspetto c’è una analogia tra il gioco del rebus e quello che si instaura tra l’autore di un libro giallo e il lettore: in entrambi i casi l’autore dissemina il racconto – che nel rebus è costituito dall’immagine – di indizi dei quali il lettore, al pari del detective, deve cogliere la rilevanza e la connessione tra loro; nulla deve sapere il detective più di quello che sa il lettore. Poi, come nel “gioco” del libro giallo, accade che il lettore non riesca a risolvere il caso e apprenda solo dall’ultima pagina che l’assassino è il maggiordomo, allo stesso modo capita che non si trovi la soluzione del rebus ed essa venga appresa soltanto se fornita dalla rivista che lo pubblica; ma questo non toglie che il lettore/solutore provi un piacere tutto particolare: nel caso del giallo, ammirando la sagacia con cui il detective è stato capace di cogliere il significato degli indizi e metterli insieme; nel caso del rebus gustando la sorpresa della metamorfosi testuale, fonte di un piacere talvolta così intenso che quel piccolo miracolo linguistico resta impresso nella mente per molto tempo, se non per la vita intera.

Per motivare gli allievi a impegnarsi in questo gioco possiamo anche far osservare loro che il rebus è quasi come una metafora di molti aspetti della vita. Sperimentiamo abbastanza frequentemente una realtà apparente piuttosto banale sotto la quale se ne nasconde un’altra assai più interessante, il messaggio verbalizzato in modo aperto, a prima vista poco rilevante, che tra le righe lascia trasparire quello che veramente conta: per esempio nei rapporti affettivi e in particolare in quelli amorosi, nei quali è indispensabile saper decifrare il messaggio che il partner vuole veramente comunicare con il linguaggio del corpo, un comportamento non verbale; ma è così anche in politica e in diplomazia, dove è normale che il discorso ufficiale contenga un secondo discorso comprensibile soltanto dagli esperti.

A questa metafora fanno comunemente riferimento i titoli dei giornali quando usano la parola “rebus” per indicare una situazione complessa, difficile da decifrare. E altrettanto comunemente, in una situazione di questo genere, ci accade di esclamare: “È un bel rebus!”. Ora, il bello di questo gioco sta nel trovarla, la soluzione. Nelle pagine che seguono mi propongo di mostrare che questa è un’“arte” molto meno difficile di quanto si pensi e di offrire l’opportunità di aggiungere questo strumento .didattico alla cassetta degli attrezzi, cioè una guida agevole e divertente, che non si limiti a esporre regole e segreti del gioco, ma inizi – e induca a iniziare i propri allievi – al godimento del piccolo miracolo costituito dalla metamorfosi testuale insita in ogni rebus: il testo estratto dall’immagine che si trasforma in un altro completamente diverso.

La sorpresa, appunto, della realtà nascosta sotto l’apparenza.

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(*) Soluzione del rebus “muto” proposto in Home Page, tratto da quelli creati appositamente per il libro:
fra sette zucche rose = Frasette zuccherose.

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