UN MANIFESTO CONTRO I LUOGHI COMUNI DI DESTRA E DI SINISTRA SULL’INEFFICIENZA DELLE AMMINISTRAZIONI

IL MINISTRO DELLA FUNZIONE PUBBLICA E IL PARLAMENTARE DELL’OPPOSIZIONE CONCORDANO SU QUESTO PUNTO: L’EFFICIENZA DI UNA STRUTTURA AMMINISTRATIVA E’ FUNZIONE, AL TEMPO STESSO, DELLA QUALITA’ DELL’ORGANIZZAZIONE E DELL’IMPEGNO DI CHI VI E’ ADDETTO – E SOTTOSCRIVONO UN IMPEGNO BI-PARTISAN PER LA POLITICA DI TRASPARENZA TOTALE, VALUTAZIONE E BENCHMARKING

Prefazione di Renato Brunetta e Pietro Ichino al libro di Vito Tenore, Non siamo fannulloni. Ritratti di 100 pubblici dipendenti che onorano l’amministrazione, Roma, 2010 – Il libro verrà presentato a Roma, presso l’Inpdap, l’8 aprile 2010 (v. la pagina INCONTRI)

Al di là della definizione che ne danno i dizionari, i termini “fannullone” e “nullafacente” non sono affatto tra loro sinonimi. “Fannullone” è chi non ha voglia di far niente e fa tutto il possibile per sottrarsi al proprio dovere; “nullafacente” indica invece un concetto assai più ampio, che comprende anche tutti coloro che nulla fanno, non necessariamente perché non ne hanno voglia, ma anche, talvolta, perché non sono posti in condizione di fare. In altre parole, non tutti i nullafacenti sono fannulloni. In riferimento specifico a questo libro, potremmo aggiungere un altro corollario: i cento bravi dipendenti pubblici che ne animano le pagine facendo orgogliosamente valere il risultato del proprio lavoro hanno avuto la fortuna di trovarsi inseriti in strutture che hanno saputo valorizzare il loro impegno; ma il loro successo, per lo più, è dipeso anche dalla qualità dell’organizzazione in cui sono stati inseriti.
La differenza di significato tra i due termini “fannullone” e “nullafacente” corrisponde dunque al contrasto tradizionale fra l’idea tradizionalmente sostenuta “da destra”, secondo cui l’efficienza di una struttura dipende essenzialmente dalla diligenza di chi vi è addetto, e l’idea tradizionalmente sostenuta “da sinistra” e molto legata al modello di produzione fordista, secondo cui invece l’efficienza di una struttura dipende essenzialmente dalla qualità dell’organizzazione. Nel primo ordine di idee, se in una amministrazione pubblica le cose non funzionano è sempre colpa dei fannulloni; nel secondo ordine di idee, è sempre colpa del management o del vertice politico, essendo i singoli dipendenti costretti alla nullafacenza dal difetto delle necessarie dotazioni strumentali e/o dall’incapacità dei dirigenti.
Entrambe le idee colgono un aspetto della realtà: l’efficienza di una struttura amministrativa è funzione, al tempo stesso, della qualità dell’organizzazione e dell’impegno di chi vi è addetto. Per migliorarla occorre agire al tempo stesso su entrambi i fronti. E il solo modo per farlo è istituire gli incentivi giusti perché la dirigenza pubblica si riappropri delle proprie prerogative fondamentali – il potere organizzativo e il potere direttivo – e le eserciti fino in fondo, valorizzando l’impegno dei singoli dipendenti e sanzionando i loro comportamenti negligenti, i difetti di impegno individuale. Per i dirigenti delle aziende private è, in genere, il mercato a generare l’incentivo, con la minaccia di emarginazione dell’impresa inefficiente; per i dirigenti pubblici e i vertici politici da cui essi dipendono l’incentivo, quando non può essere il mercato ad attivarlo, deve nascere dal giudizio dell’opinione pubblica, ovvero degli elettori. E perché gli elettori possano giudicare sono indispensabili la trasparenza totale delle amministrazioni, la disponibilità di valutazioni credibili del loro operato e la possibilità di confrontare tra loro le performance delle amministrazioni tra loro simili: il cosiddetto benchmarking. Su diverse altre questioni inerenti al miglioramento del funzionamento delle amministrazioni pubbliche oggi maggioranza e opposizione divergono, ma su questi tre punti fondamentali – trasparenza totale, valutazione indipendente e benchmarking – esse concordano: è un punto di partenza importante per un’azione bi-partisan di lungo periodo, il cui orizzonte non sarà limitato a una legislatura perché la sua continuità non dipenderà dal colore politico del Governo.

 

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