ENRICO MORANDO: DOBBIAMO SAPER ANDARE ALLA RADICE DEL MALE OSCURO DI CUI SOFFRE L’ECONOMIA ITALIANA

UNA MANOVRA EMERGENZIALE, DI MISURE TEMPORANEE, COME QUELLA CUI SI ACCINGE IL GOVERNO, RISCHIA DI SOLO ACCELERARE IL COLLASSO – IL PD DEVE BATTERSI PER RIFORME STRUTTURALI NEI CAMPI DECISIVI DELLA P.A. E DELLA SPESA PUBBLICA, DEL FISCO E DELL’APERTURA DEI MERCATI CHIUSI – OCCORRE UN PIANO TRIENNALE PER IL RILANCIO DELLA COMPETITIVITÀ E DELLA QUALITÀ SOCIALE DELLO SVILUPPO

Intervento del senatore Enrico Morando all’Assemblea nazionale del Partito Democratico – Roma, 21 maggio 2010

Ci riuniamo mentre l’intera costruzione europea è a rischio e l’euro potrebbe giungere al collasso.

Alla base di questo rischio non c’è la speculazione internazionale, che pure è all’opera.

Alla base di questo rischio ci sono profondi squilibri macroeconomici, che non solo non possono essere superati col solo strumento del governo della moneta; ma sono stati e sono esaltati dal ricorso alla moneta unica: Paesi in fortissimo e permanente surplus commerciale e di bilancia dei pagamenti che usano la stessa moneta di Paesi in profondissimo e perdurante disavanzo commerciale; Paesi ad elevatissima produttività del lavoro e dei fattori con Paesi a produttività bassa e calante…

Se la fonte della crisi è qui, allora è a questa altezza che si debbono ricercare le soluzioni: certo ci vogliono i Piani di emergenza… ma servono solo per guadagnare un po’ di tempo. Il tempo per realizzare le riforme strutturali necessarie: nelle prossime settimane e mesi sarà riscritta la Costituzione materiale dell’Europa. E i singoli Paesi dovranno nel medesimo tempo impegnarsi a cambiare se stessi per mettersi in grado di reggere.

Se questa è la sfida, il Governo italiano deve scegliere se persistere nella strada sbagliata che ha percorso in questi anni – non si fanno riforme strutturali durante la crisi – o intraprenderne un opposta – le crisi vere (e questa purtroppo lo è) hanno cause che solo il cambiamento profondo può rimuovere.

Questo è il terreno della battaglia politica del PD – il partito della speranza e del cambiamento – contro un Governo che sembra muoversi in una logica meramente emergenziale: un blocco qui, un rinvio là, una finestra da chiudere, un semi-condono da aggiungere: il contrario di quello che serve.

Ora, noi del PD dobbiamo scegliere: l’emergenzialismo, la confusione degli annunci e dei ripensamenti, sono il segno della grave difficoltà – sì, della debolezza – del Governo: le misure di emergenza provocheranno scontenti, susciteranno reazioni. Noi possiamo limitarci a cavalcarli, con una opposizione puntuale. Oppure possiamo scegliere di collocare l’azione di opposizione punto a punto in un contesto più robusto: il cambiamento che noi vogliamo realizzare, per risolvere la crisi rilanciando qualità e quantità dello sviluppo.

Per un grande partito riformista a vocazione maggioritaria – come noi siamo – la scelta deve essere la seconda: se le riforme strutturali aprono una speranza, promettono credibilmente un futuro, allora si capiscono e si giustificano anche le misure d’emergenza, le misure temporanee.

Ma una manovra fatta solo di misure temporanee – come quelle di cui sono pieni i giornali – è il segno dell’assenza di speranza; e rischia di accelerare il collasso.

Al contrario, le riforme strutturali pagano: se oggi il nostro è il Paese – tra quelli dell’OCSE – con un buon livello di sostenibilità (a quaranta anni a venire) del sistema previdenziale, non è solo perché nel ’92 abbiamo preso incisive misure di emergenza. È perché nel ’95 noi – non il centrodestra – abbiamo fatto l’unica riforma strutturale degli ultimi vent’anni (assieme a quella dell’euro).

Noi dobbiamo batterci – nel Parlamento e nel Paese – muovendoci subito, prima, durante e dopo la discussione della manovra del Governo, per riforme di portata analoga in campi decisivi. Per ragioni di tempo, ne indico solo tre, che sono tuttavia componenti essenziali di un Piano triennale per il rilancio della competitività e la qualità sociale dello sviluppo, che dobbiamo presentare subito: Pubblica Amministrazione e spesa pubblica; fisco; apertura dei mercati chiusi.

Spesa pubblica e macchina pubblica: spendiamo più del 50% del PIL, ma siamo il Paese nel quale questo enorme dispendio di risorse modifica meno i livelli di disuguaglianza di partenza, quelli di prima dell’intervento dello stato. Allo stesso modo, le cattive performances della PA – pensiamo alla catastrofe del sistema giudiziario – deprimono le capacità competitive del Paese. Spesa alta. Diseguaglianza intatta. Inefficienza economica.
Ecco perché si impone una rivoluzione: valutazione, responsabilità, mobilità. Obiettivi di servizio e di costi. Autonomia, premi e penalizzazioni, a partire dai dirigenti.

In questo contesto, via le Province e un unico Ufficio periferico del Governo centrale. Un solo corpo di polizia, non sei, per il controllo del territorio. Un corpo di polizia nazionale per il contrasto alla grande criminalità. Tempo per realizzare tutto ciò: 3 anni, come abbiamo scritto nel nostro Programma elettorale. A quel punto, spesa corrente primaria che non può crescere mai più dell’inflazione prevista, mentre oggi cresce ogni anno ad un tasso medio in rapporto al Prodotto.

Sul fisco. La risorsa principale per lo sviluppo del Paese è la voglia di fare, l’impegno, l’intelligenza delle donne in età di lavoro che non lavorano fuori casa. Stabiliamo quindi che nel reddito da lavoro delle donne – tutte, dipendenti e autonome – gravino aliquote IRPEF significativamente più basse di quelle applicate all’eguale reddito dei maschi. E finanziamo questa misura di riduzione della pressione fiscale con un’imposta straordinaria sulle dimensioni della leva finanziaria degli istituti di credito, che potrebbe essere un ottimo complemento nazionale di una imposizione fiscale europea (e globale) sui movimenti a breve di capitale.

Sulle liberalizzazioni: uno studio OCSE di 15 giorni fa conclude che, in Italia, una coraggiosa strategia di liberalizzazioni aumenterebbe di 14 punti in 10 anni la competitività del sistema Italia. Il Governo porta in Parlamento una riforma della professione forense che, da sola, provocherà un ulteriore buco nella bilancia commerciale italiana dei servizi professionali.

Noi, ci vogliamo portare adesso, subito, la separazione proprietaria di Snam rete gas dall’Eni?

Ho finito. Nel proporre di assumere questa iniziativa politica, sono incoraggiato da almeno tre positive correzioni di linea che sono intervenute nella posizione del Segretario e della maggioranza che ha vinto il congresso:

1.      Letta ha detto: “Prima il progetto, poi le alleanze”; sono d’accordo.

2.      Tutti ora diciamo: “Il Segretario del Pd – scelto con le primarie – è il candidato Premier del Pd”; sono d’accordo.

3.      Nel documento sulle riforme istituzionali, se ho inteso bene, si mette in non cale l’ipotesi della reintroduzione del sistema proporzionale alla tedesca; sono d’accordo.

È il segno che la maggioranza ascolta le obiezioni, accetta le repliche dei fatti. È un buon segno.

 

 

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