UNA SCOMMESSA SULLO SVILUPPO DELLA CALABRIA

NON CI SONO ALTERNATIVE A UNA STRATEGIA MIRATA ALL’ATTRAZIONE DI BUONI IMPRENDITORI NELLE REGIONI ARRETRATE DEL NOSTRO MEZZOGIORNO; MA PER QUESTO OCCORRE CHE LE ISTITUZIONI LOCALI E I LAVORATORI, CON I LORO SINDACATI, IMPARINO A SCOMMETTERE SUI PIANI INDUSTRIALI A PIU’ ALTO TASSO DI INNOVAZIONE, ANCHE AL COSTO DI RISCHIARE QUALCHE COSA DI LORO, NEGOZIANDO A 360 GRADI ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E STRUTTURA DELLE RETRIBUZIONI

Lettera pervenuta il 1° giugno 2010 – Segue la mia risposta, che è stata pubblicata anche sul Quotidiano della Calabria  del 7 maggio 2010 – V. sullo stesso argomento un primo  e un secondo scambio di lettere con alcuni giovani partecipanti al “Programma stage” della Regione Calabria: ivi i link utili per risalire alle mie interrogazioni parlamentari sul “Programma Stages” delle Regioni Calabria e Basilicata e agli scambi che ne sono seguiti con gli stagisti interessati e con alcuni politici calabresi nel 2009

Egregio Senatore,
davvero non riesco e non riusciamo a capire il senso delle Sue parole. Lei parla senza cognizione di causa e senza conoscere assolutamente la nostra realtà territoriale.
Ci spiega in che modo potremmo noi elaborare la strategia per il riscatto della vostra terra se ci vengono sbarrate tutte le strade dalle istituzioni?
Per quanto si possa essere dotti, sapienti ed avere curriculum invidiabili, che incidenza potremmo avere per il riscatto sociale se non ci viene dato titolo per poter agire? Potremmo anche progettare il ripopolamento di Marte, ma per quanto i nostri progetti possano essere utili e costruttivi non siamo nessuno per farci ascoltare, e, soprattutto, non abbiamo fondi da investire! Si rende conto che il massimo di lavoro che si possa trovare in Calabria, se ti va bene, è un call center a 500 euro al mese? Che non importa a nessuno se ti sei massacrato sui libri per conseguire lauree, master o dottorati, perché saresti sempre scavalcato dal raccomandato di turno figlio di? Ce li presta Lei i soldi per avviare le nostre idee imprenditoriali o per attrarre gli imprenditori esteri nella nostra Regione?
E’ chiaro che chiediamo aiuto alle Istituzioni, a chi dovremmo chiederlo? E per aiuto s’intende far si che la Regione  intraprenda percorsi meritocratici a 360°, non mero assistenzialismo come Lei vorrebbe far passare per denigrarci!
           Manca solo che anche Lei si associ alla definizione di “bamboccioni” dataci da un Governo incapace di tutelare i suoi talenti,  e solo perchè non si riusciamo a percepire un misero stipendio per tirare a campare e siamo costretti a rimanere a casa con mamma e papà! Come se questa fosse la nostra massima aspirazione di vita! Saluti
           Francesco

Fuori dal politichese, che cosa significa chiedere alla Regione di “intraprendere percorsi meritocratici” per risolvere il vostro problema? Significa, in ultima analisi, chiedere alla Regione di assumervi, oppure di farvi assumere da un ente locale con un sussidio regionale. Significa che considerate l’impiego pubblico come l’unico vostro possibile sbocco professionale decente. E’ naturale che lo pensiate, dal momento che nella vostra terra questa è stata fino a oggi la realtà di gran lunga prevalente. Il problema è che nel Sud d’Europa le cose non possono più andare avanti così: questa è la lezione che dobbiamo apprendere dalla terribile crisi continentale di questi giorni. Se il vostro unico orizzonte è quello del settore pubblico, non avete speranza: nella vostra regione, come nelle altre del Mezzogiorno d’Italia, gli organici sono già da tempo stracolmi; non vanno aumentati, vanno semmai ridotti. Per ritrovare speranza nel vostro futuro di lavoro dovete uscire dall’orizzonte angusto del settore pubblico. Alle istituzioni, dunque, non chiedete di assumervi: esigete da loro soltanto che facciano il loro dovere, cioè che si diano da fare per creare in Calabria l’ambiente più favorevole possibile per gli imprenditori di altre regioni o Paesi, che riducano al minimo gli oneri burocratici, che migliorino le infrastrutture, che difendano gli operatori onesti dalla criminalità organizzata. E che lancino messaggi in tutte le direzioni per attirare buoni imprenditori e buoni piani industriali (lo sta facendo la Sicilia per Termini Imerese, bandendo un concorso internazionale per l’insediamento nell’area industriale che la Fiat dismetterà tra un anno: le sono già giunte più di venti candidature).
Se mi chiede che cosa concretamente io consigli di fare a voi
, la mia indicazione è quella contenuta nel saggio che vi ho segnalato nei giorni scorsi (Che cosa impedisce ai lavoratori di scegliersi l’imprenditore). In attesa che tutti i lavoratori calabresi, con i loro sindacati e i loro amministratori locali, incomincino a farlo sistematicamente, fate voi da apripista. Se nessun politico calabrese è disposto a fare sua questa battaglia, fondate voi un nuovo movimento. Se nessun sindacato è disposto a guidarvi e assistervi su questa linea, costituitene voi uno nuovo. Potreste chiamarlo: “Sindacato per la Scommessa sullo Sviluppo della Calabria” (SSSC); ma quel che più conta è che scriviate nel suo statuto e sulle sue bandiere che siete alla ricerca di buoni imprenditori con i quali contrattare buoni piani industriali da attuare nella vostra terra, che siete disposti a rischiare con loro il vostro lavoro e le vostre retribuzioni per il successo dell’intrapresa, che siete disposti a negoziare a 360 gradi le condizioni di lavoro e la struttura delle retribuzioni senza schemi rigidi precostituiti. Non si tratta, sia ben chiaro, di trasformarvi voi in imprenditori (salvo che qualcuno di voi ne abbia la capacità), ma di importarli da fuori, i buoni imprenditori. Magari avvalendovi del consiglio e dell’aiuto delle associazioni degli imprenditori della vostra regione, perché il vostro messaggio possa raggiungere la platea più ampia di potenziali imprenditori interessati, su scala nazionale e internazionale. Vi sto proponendo il “ripopolamento di Marte”? No: vi sto proponendo di fare quello che hanno saputo fare tante regioni europee povere e marginali, aprendosi fattivamente agli investimenti stranieri (per lo studio di uno di questi casi, quello di Sunderland nel Nord-Inghilterra, vi rinvio a un mio libretto di cinque anni fa, ora disponibile anche in edizione economica a otto euro: A che cosa serve il sindacato).
Lei mi dirà che questa strada è difficile e rischiosa. E’ vero; ma è inutile girarci intorno: non ci sono alternative, se volete restare a lavorare nella vostra terra. D’altra parte, se non siete voi i primi a crederci, come potete pensare che arrivi a crederci un imprenditore che viene da fuori?

La saluto con grande simpatia e cordialità.    (p.i.)

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