CRISI ECONOMICA E TAGLI NELLA P.A.: SÌ, MA DOVE?

IL GOVERNO NON SI LIMITI A CHIEDERE UN SACRIFICIO DA PARTE DI TUTTI, MA AFFRONTI IL VERO NODO: QUELLO DEL MIGLIORAMENTO DELLA PRODUTTIVITÀ E DELLA QUALITÀ DEI SERVIZI PUBBLICI, ATTRAVERSO UN’ATTENTA MISURAZIONE E VALUTAZIONE DELLE PERFORMANCES

Articolo di Pietro Micheli, membro della Commissione per la trasparenza, la valutazione e l’integrità delle pubbliche amministrazioni – 10 giugno 2010

In un periodo di crisi economica, la parola chiave per organizzazioni sia pubbliche che private è riduzione della spesa. Questo è considerato il migliore e quasi l’unico modo di garantire la sostenibilità economica. Sebbene questo non sia necessariamente così, si pongono comunque due interrogativi fondamentali: dove si faranno i tagli? E come avverranno?
La prima domanda attiene a quali funzioni saranno ridotte. Chiaramente, se si riducono risorse strutturali e umane, alcune funzioni organizzative saranno colpite, e questo avrà un impatto su prodotti e servizi. Non è immaginabile che tagli sostanziali non abbiano alcun effetto, come se si estirpassero delle erbacce da un prato fiorito (a proposito, se alcuni enti o funzioni sono davvero ‘inutili’, ci si chiede se fosse proprio necessaria una crisi internazionale per la loro eliminazione).
La seconda domanda attiene a quale periodo di tempo e, soprattutto, secondo quali criteri si otterranno i risparmi. In altri termini: dobbiamo rassegnarci all’idea che tagli indiscriminati siano dolorosi ma inevitabili, oppure esiste un metodo migliore per procedere? Un approccio più efficace esiste eccome, ma purtroppo è una rarità in Italia, soprattutto nella pubblica amministrazione. L’approccio è quello di fondare, almeno in parte, le nostre decisioni su dei dati robusti e appropriati che riguardino le performance organizzative. È attraverso questi dati che, finalmente, potremo uscire dalla trappola dei ‘tagli lineari di spesa’ o della riduzione indiscriminata degli stipendi dei lavoratori pubblici.
A ben vedere, sebbene la situazione sia critica, presentare l’azione di governo semplicemente come la richiesta di un sacrificio da parte di tutti – una specie di contributo solidale – non farà altro che nascondere i problemi sotto il tappeto. Il miglioramento della produttività e della qualità dei servizi pubblici rimarrà sempre un tasto dolente che riemergerà ciclicamente fin quando non si deciderà davvero di affrontare il problema nella sua interezza e complessità.
Un modo per fare questo è attraverso la misurazione e gestione delle performance: non secondo una prospettiva di controllo o sanzionatoria, come spesso presentata per terrorizzare i ‘fannulloni’. Bensì, come metodologia basata su evidenza fattuale e attraverso strumenti che sono gia’ utilizzati in altri paesi da decenni. Questi sistemi sono stati usati con successo in organizzazioni private per ri-valutare la loro competitività, e parimenti le loro strategie e proposte di creazione del valore. Nel settore pubblico possono giocare un ruolo fondamentale nella ri-allocazione delle risorse, soprattutto quando c’è il rischio che misure restrittive possano penalizzare eccessivamente i servizi erogati.
Perchè questi sistemi di misurazione funzionino è necessaria una vera determinazione da parte dei vertici politici e amministrativi affinchè obiettivi strategici, obiettivi operativi e indicatori vengano effettivamente utilizzati per supportare i processi decisionali. Altrimenti, come accade nella maggioranza delle organizzazioni pubbliche italiane, non si andra’ al di là di una sterile retorica manageriale, troppo spesso fine a sè stessa. Basta leggere le direttive dei Ministeri (quando disponibili) per rendersene conto!
Oppure possiamo decidere di rimanere placidamente adagiati su un modello di burocrazia ottocentesca con tutti i suoi adempimenti e le sue inefficienze – ma che nessuno si lamenti se in momenti di crisi i buoni e i cattivi saranno trattati allo stesso modo.

 

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