L’UE CI CHIEDE DI PARIFICARE L’ETA’ PENSIONABILE

L’EUROPA NON CI CHIEDE SOLO LA PARITA’ PREVIDENZIALE, MA ANCHE UN DRASTICO AUMENTO DEL TASSO DI OCCUPAZIONE FEMMINILE, DI CUI L’ITALIA HA BISOGNO PER RIPARTIRE – PER QUESTO OCCORRE UNA MISURA FISCALE CHOC: UNA RIDUZIONE DECISA DELL’ALIQUOTA IRPEF SUL REDDITO DI LAVORO FEMMINILE 

 

Intervista a cura di Carlo Bertini, pubblicata su la Stampa dell’8 maggio 2010

«Credo sia giusto accettare questo vincolo comunitario non considerandola una sconfitta nè subendolo come una imposizione, ma assumendo come interesse nazionale prioritario questo passaggio a un nuovo equilibrio e l’abbandono del vecchio “equilibrio mediterraneo”. Certo se lo facciamo obtorto collo, ne vedremo solo gli aspetti negativi. Bisogna invece cogliere questa occasione preziosa che l’Europa ci offre, perché i periodi di grave crisi sono quelli in cui scelte di questo genere si possono fare con maggiore incisività». Il senatore Pietro Ichino, uno dei massimi esperti italiani di diritto del lavoro, è solito assumere posizioni controcorrente nel suo partito, il PD. Ma in questo caso va anche oltre, rivolgendo una «proposta choc» a Tremonti.

 

Cosa dovrebbe fare il governo, professore?

L’Europa non ci chiede soltanto questa misura di parità previdenziale, ma anche un drastico aumento del tasso di occupazione femminile, dal 46% al 60%. Noi oggi siamo gravemente inadempienti su entrambi i fronti. L’Europa ci chiede di non usare anche le pensioni per tenere le donne lontane dal lavoro professionale. E l’Italia ha bisogno proprio di questo per ripartire.

 

Intanto è giusto mettersi in regola ora sulle pensioni?

Sì e aggiungo che per ogni euro risparmiato su quel terreno ne devono essere reinvestiti quattro in misure che favoriscano l’aumento dell’occupazione femminile, fattore indispensabile affinché l’Italia torni a crescere avendo metà della sua forza lavoro gravemente sottoutilizzata.

 

Che genere di misure?

Oltre alle classiche della ricetta “di sinistra”, come l’aumento dei servizi alle famiglie con figli o con persone non autosufficienti, occorre una misura choc di tipo fiscale, la più efficace anche da un punto di vista culturale: una riduzione drastica dell’aliquota Irpef sul reddito di lavoro femminile. Il vantaggio si ripartitirà automaticamente tra le due parti, portando a un aumento della domanda e dell’offerta di lavoro femminile», perché le donne saranno molto più invogliate a compiere questa scelta.

 

A quanto dovrebbe ammontare questo sgravio fiscale?

A fine aprile insieme a Enrico Morando abbiamo presentato un disegno di legge che prevede una riduzione drastica delle aliquote Irpef sui redditi di lavoro femminile, con un incremento del reddito che va dal 30% per i redditi fino a 15 mila euro l’anno, al 15% per quelli dai 25 ai 55 mila euro e oltre.

 

Perdoni l’obiezione: come è pensabile una disparità di trattamento fiscale così netta tra uomini e donne?

Si tratterebbe di una “azione positiva”, volta a disattivare un meccanismo sistemico di discriminazione, destinata a ridursi fino a cessare col raggiungimento dell’obiettivo. L’ordinamento comunitario non lo vieta affatto.

 

Ma le imprese che cosa ci guadagnano?

Se, contemporaneamente, i minimi sindacali verranno espressi in termini di salario netto, invece che lordo, questo consentirà che il vantaggio si suddivida tra lavoratrici e imprese anche nelle fasce professionali più basse».

 

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