FIAT: GLI ASPETTI TECNICO-GIURIDICI DELLA QUESTIONE

LA SOLA RISPOSTA CONCLUDENTE ALLA DOMANDA DI CERTEZZA DELL’EFFETTIVITA’ DEGLI ACCORDI CHE CI VIENE RIVOLTA DA MARCHIONNE, E’ UN ACCORDO SULLE REGOLE FIRMATO DA TUTTI I SINDACATI, O, SE QUESTO NON E’ POSSIBILE, UN INTERVENTO LEGISLATIVO IN VIA SUSSIDIARIA E PROVVISORIA

Intervista a cura di Paolo Baroni, pubblicata su la Stampa del 28 luglio 2010

«La via d’uscita per Pomigliano? Un accordo sulle regole» suggerisce Pietro Ichino, esperto di diritto del lavoro tra i più affermati e deputato Pd. Che ragiona sulle varie opzioni che azienda e sindacati hanno di fronte, ed in una nota che oggi sarà online sul suo sito (www.pietroichino.it) illustra il punto di vista del tecnico. Innanzitutto il contratto collettivo nazionale di lavoro (ccnl). Anche quello dei metalmeccanici è «un contratto a termine», che come tale «non può essere disdetto unilateralmente da una delle parti prima della scadenza»: la Fiat, dunque, «non può sottrarsi alla sua applicazione prima della scadenza, fissata al 31 dicembre 2011. Diverso è il caso dell’accordo interconfederale del gennaio-aprile 2009 sulla struttura della contrattazione collettiva: questo è un contratto a tempo indeterminato, quindi suscettibile di recesso unilaterale».
Di qui alla newco, la nuova società che dovrebbe prendere in carico lo stabilimento di Pomigliano, il passo è breve. Spiega ancora Ichino: «Come ogni contratto, anche l’accordo interconfederale e il ccnl si applicano soltanto a chi li ha firmati o è rappresentato dall’associazione firmataria. Questo è il motivo per cui si può pensare a una nuova società (la cosiddetta “newco”), che nasca oggi per la gestione dello stabilimento di Pomigliano d’Arco e che, non affiliandosi ad alcuna associazione imprenditoriale, resti libera da vincoli contrattuali preesistenti, compreso quello costituito dal contratto collettivo di lavoro».
Chiarito che la «newco» sarà obbligata a riassumere tutti i 5000 e passa dipendenti di Pomigliano, perché non si può fare altrimenti, «non è una società in amministrazione controllata oppure in amministrazione straordinaria come è stata la vecchia Alitalia», secondo il giuslavorista milanese «lo scopo della Fiat in questa operazione potrebbe non essere soltanto quello di sottrarre lo stabilimento di Pomigliano al campo di applicazione del contratto dei metalmeccanici, ma anche quello di fondare a Pomigliano un nuovo sistema aziendale di relazioni industriali, nel quale sarebbero riconosciuti soltanto i sindacati firmatari dell’accordo aziendale. Questo significherebbe che la Fiom resterebbe priva di rappresentanze aziendali riconosciute: esito, questo, reso possibile dal referendum che ha modificato l’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori nel giugno 1995».
Un atto di rottura certamente molto forte, molto rischioso. «Mettere fuori sistema la Cgil significherebbe spingere Epifani su posizioni estreme alla Cremaschi» e per Ichino andrebbe assolutamente scongiurato. Come? «L’unico modo per evitare questa scelta traumatica, e al tempo stesso garantire l’effettività dell’accordo aziendale di Pomigliano, sarebbe un accordo sulle regole, firmato da tutti i sindacati compresa la Fiom-Cgil, che riconosca alla coalizione maggioritaria il potere di contrattare anche in deroga rispetto al contratto nazionale, con effetti estesi a tutti i dipendenti (questo consentirebbe alla Cgil di “restare in gioco” come sindacato riconosciuto, pur non sottoscrivendo l’accordo sul piano industriale)». Nel caso impresa e sindacati non riuscissero a trovare un’intesa Ichino suggerisce un’ultima via d’uscita: «occorrerebbe in via sussidiaria e provvisoria un intervento legislativo, che colmasse la lacuna dell’ordinamento lamentata da Marchionne».

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