CHE COSA SIGNIFICA LA SCELTA DI MARIO MONTI

LA NOMINA DEL PRESIDENTE DELLA BOCCONI A SENATORE A VITA DA PARTE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON COSTITUISCE SOLTANTO LA DESIGNAZIONE DEL NUOVO PREMIER, MA INDICA ANCHE IL PROGRAMMA

Editoriale straordinario del 9 novembre 2011

     Nel giorno più nero di una serie nerissima per l’economia italiana, nel quale il tergiversare meschino del Capo del Governo uscente aggrava i già gravissimi problemi del Paese, Giorgio Napolitano ha trovato un modo geniale per tagliar corto senza forzare minimamente le proprie prerogative costituzionali, chiarendo al mondo intero che
   – la gestione Berlusconi è finita davvero,
   – non è affatto vero che caduto lui si debba andare al voto (cosa che sarebbe catastrofica per il Paese, date le circostanze),
   – con tutta probabilità la barra del timone verrà data tra pochissimi giorni alla persona più affidabile agli occhi dei vertici dell’Unione Europea e dei mercati,
   – quella persona non potrà candidarsi alle prossime elezioni e quindi governerà il Paese senza preoccupazioni elettoralistiche.
     L’attribuzione a Mario Monti della carica di senatore a vita significa tutte queste cose insieme. Ma ne significa anche qualcuna di più. In essa è scritta anche la composizione del nuovo Governo: saranno pochi; e tutti, o quasi, ministri “di complemento”, non appartenenti agli apparati dei partiti ma presi a prestito dalla società civile e ben disposti a smettere di fare quel mestiere non appena avranno adempiuto il loro compito legato all’emergenza.
     Nella scelta di Mario Monti è implicitamente scritto, infine, e con un notevole grado di precisione, anche il programma del nuovo Governo che si presenterà per la fiducia in Parlamento il più rapidamente possibile, nei giorni prossimi. Perché porre Mario Monti a capo dell’Esecutivo significa optare in modo inequivoco per un rigoroso adempimento degli impegni che abbiamo assunto nei confronti dell’Unione Europea, secondo le linee che egli stesso ha ripetutamente indicato, con precisione e coerenza, nel corso degli anni, dei mesi e ancora dei giorni passati.
     Mentre scrivo queste righe, alle undici della sera, arriva la notizia strabiliante che “Berlusconi dà via libera al nuovo Governo Monti”. Ma non era lo stesso Berlusconi che ancora ieri sera escludeva in modo ultimativo qualsiasi possibile esito diverso dalle elezioni? Quanto sollievo, in queste ore drammatiche, dà almeno il poter confidare che una persona così poco sincera – nei confronti dei suoi interlocutori e probabilmente anche con se stessa – fra poche ore non sarà più alla guida del Paese. Sta di fatto, comunque, che questa dichiarazione Berlusconi l’ha fatta per non rischiare di essere smentito nel giro di mezza giornata dai tre quarti dei suoi parlamentari: sarebbe impensabile che essi preferiscano andare subito alle elezioni respingendo l’appello del Presidente della Repubblica e spingendo il Paese nel burrone.
     Dunque il nuovo Esecutivo sarà appoggiato, come è necessario che sia, oltre che dal Pd e dal Terzo Polo, anche dal PdL. È, persino nei dettagli, quello che un anno fa eravamo in pochi a ritenere e dichiarare urgente. Rinvio al mio editoriale per la Newsletter del 29 novembre 2010 dove, dopo aver elencato le cose urgenti da fare – tutte divenute di moda solo in quest’ultimo mese – scrivevo: “Se non è pensabile che queste misure – pure indispensabili – siano attuate né da una maggioranza rabberciata e risicata di centrodestra né da una ipotetica maggioranza rabberciata e risicata nata dall’alleanza tra centrosinistra, UDC e FLI, le forze politiche maggiori devono riconoscere la gravità dell’emergenza e unirsi per dedicare i due anni che restano della legislatura a rimettere in piedi il Paese. L’ideale sarebbe un Governo guidato da Mario Monti o da Mario Draghi”.
     C’è solo un piccolo dettaglio che non combacia, tra il disegno di quell’editoriale di un anno fa e quello che sta per nascere nei giorni prossimi: gli interessi che noi oggi dobbiamo pagare per finanziare i nostri 2000 miliardi di debito pubblico si sono raddoppiati. Se avessimo imboccato questa strada allora, oggi saremmo già abbondantemente fuori pericolo.
     Adesso la sorte del nostro Paese dipende dalla capacità del nuovo Governo di bloccare immediatamente la spirale tra l’aumento del costo del debito, la sfiducia degli operatori nella nostra capacità di reggerlo e il conseguente ulteriore aumento di quel costo. Con la scelta di Mario Monti come nuovo premier, il Presidente della Repubblica ha indicato la sola via possibile per farcela: lo scatto di reni necessario per allineare l’Italia ai parametri europei. Una via dura, irta di ostacoli, piena di sacrifici; è in questa scelta che, nel corso del prossimo anno, si forgeranno il nuovo centrosinistra europeista e il nuovo centrodestra europeista, che potranno poi tornare a competere in un nuovo e più sano bipolarismo, quando la scommessa comune sarà stata vinta. Usciranno da questo percorso profondamente cambiati sia il Pd, sia il PdL. Se reggeranno la prova, Pd e PdL rigenerati toglieranno spazio al Terzo Polo; altrimenti sarà questo a toglierne a loro, ponendosi seriamente in condizione di contendere loro il primato, anche con una nuova legge elettorale maggioritaria. Per questo motivo il 2012 sarà un anno decisivo per la geografia politica italiana nel prossimo futuro.
     Non saranno, invece, della partita l’Italia dei Valori e la Lega, che, collocandosi all’0pposizione, cercheranno di catalizzare – rispettivamente a sinistra e a destra – il malumore di chi ritiene che questa scommessa non possa essere vinta, o addirittura che l’Europa sia essa stessa l’origine dei nostri mali. Ce ne faremo una ragione. Come ha giustamente detto oggi Stefano Ceccanti, forse guadagneranno qualche voto alle elezioni del 2013, ma i nomi dei loro leader non compariranno nell’elenco di quelli che hanno salvato l’Italia. Nel quale al primo posto figurerà il nome di Giorgio Napolitano.

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