UN NUOVO PROBLEMA PER BERSANI

COME PENSA DI PRATICARE LE POLITICHE KEYNESIANE, SENZA I FINANZIERI CHE LE FINANZIANO?

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 220, 22 ottobre 2012.
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Bersani, uomo di sinistra come si deve, predica la bontà delle politiche keynesiane, quelle cioè che mirano a forzare la crescita economica attraverso la spesa pubblica. Ora, per qualsiasi Governo in Italia, oggi, l’unico modo per praticare politiche keynesiane è prendere il denaro a prestito. Ci si potrebbe dunque attendere che Bersani mantenesse buoni rapporti con i professionisti della finanza: sono loro che acquistano i titoli del nostro debito pubblico. Venerdì, invece, il segretario del Pd ha preso la categoria dei finanzieri a pesci in faccia. Il suo intendimento politico era evidentemente di cercare il consenso di quella parte della sinistra che considera la finanza intrinsecamente cattiva, causa prima e forse unica della crisi economica mondiale; ma la finanza non è intrinsecamente cattiva: in linea generale, e sempre scontando le mele marce, essa svolge la funzione nobile e indispensabile di mettere in comunicazione tra loro i risparmiatori con chi può far fruttare i loro risparmi (*). Per le sue politiche keynesiane Bersani, se diventa premier, avrà assoluto bisogno di chiedere denaro a prestito ai risparmiatori di tutto il mondo. Se considera la finanza intrinsecamente cattiva e con i finanzieri non vuol avere a che fare, a chi pensa di rivolgersi per collocare i buoni del tesoro?

(*) Vedi in proposito più ampiamente Renzi e la finanza cattiva. Inoltre, in precedenza (giugno scorso), Chi diavolo sono questi mercati finanziari che sequestrano la nostra democrazia?
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