“LEI COSA PENSA DEI MATRIMONI OMOSESSUALI?”

RISPONDO A UN LETTORE CHE MI CHIEDE DI PRENDERE POSIZIONE SULLA QUESTIONE SULLA QUALE SI È DIVISA L’ASSEMBLEA NAZIONALE DEL PD

Lettera pervenuta il 17 luglio 2012 – Segue la mia risposta

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Caro senatore,
sono iscritto ormai da tre anni oltre che al Pd alla Newsletter del suo sito, che mi aiuta a orientarmi nel difficile campo delle questioni del lavoro e delle relazioni industriali cosa di cui le sono grato. Oggi però le pongo una domanda in un campo diverso: le chiedo la sua posizione sulla questione delle coppie gay, dopo lo scontro che si è verificato all’interno del Pd all’assemblea di sabato scorso. Ho provato a inserire “gay”  e “omosessuali” nel motore di ricerca del sito, trovando alcuni documenti interessanti ma non una sua presa di posizione. Non so che cosa mi risponderà, ma in ogni caso ha il mio sostegno sui temi di sua compentenza. Con i migliori saluti
C.R.

Se la domanda mi viene rivolta nella mia veste di cristiano, o meglio di aspirante tale, la mia risposta è molto netta: nel Vangelo non trovo neppure una parola che autorizzi gli eterosessuali, solo perché maggioranza, a considerarsi per loro natura più in linea con la volontà di Dio rispetto a chi ha avuto in sorte un orientamento sessuale diverso (mentre ne trovo molte in senso contrario). Non trovo, nel Vangelo, neppure una parola dalla quale possa dedursi quale debba essere la disciplina giuridica che l’ordinamento statale deve riservare alle coppie omosessuali. In questa veste, dunque, l’unica mia presa di posizione consiste in una convinta richiesta alla Chiesa di astenersi dall’esercitare pressioni sullo Stato perché disciplini o non disciplini la materia in un modo o in un altro; e, soprattutto, di astenersi dal presentare come fondati sulla parola di Dio veti od orientamenti che sono soltanto il frutto di una cultura storicamente determinata  (così oltretutto violando il secondo comandamento – terzo, nella versione veterotestamentaria -: “Non nominare il nome di Dio invano”).
Se invece la domanda mi viene posta nella mia veste di parlamentare democratico, la mia risposta è che vedo alcuni possibili argomenti a sostegno del riconoscimento vero e proprio del “matrimonio omosessuale”, ma anche alcuni argomenti a sostegno di discipline diverse dell’unione tra due persone dello stesso sesso (così come dell’unione non matrimoniale tra due persone di sesso diverso), o a sostegno di una pura e semplice
abstention of law in questa materia. Se fosse possibile affrontare la questione con il metodo sperimentale, considererei senz’altro questa come la soluzione migliore, mettendo a confronto gli effetti di discipline diverse; ma mi rendo conto che questo è poco proponibile, perché una sperimentazione seria richiederebbe decenni. Così stando le cose, trovo molto sensato che, in seno a un grande partito laico come il Pd, si sia arrivati laicamente a individuare una soluzione di compromesso ragionevole tra le posizioni contrapposte. Non condivido per nulla i tentativi, dall’una parte e dall’altra, di far saltare quel compromesso. Vedo un po’ di fondamentalismo sia nella posizione di chi preferirebbe che della questione non si parlasse neppure, sia nella posizione di chi considera inaccettabile qualsiasi soluzione diversa dal riconoscimento pieno del “matrimonio omosessuale”; e mi dispiacerebe che, come è accaduto all’Assemblea nazionale del 15 luglio scorso,  il Pd si lasciasse paralizzare dallo scontro fra questi due fondamentalismi.    (p.i.)
P.s. Dopo aver scritto e messo
on line questa risposta, ho letto sull’Unità del 18 luglio, in un articolo di Eugenio Mazzarella, la seguente citazione da uno scritto di Joseph Ratzinger rivolto nel 1981 ai politici cattolici tedeschi: “Il grido che reclama le grandi cose ha la vibrazione del moralismo; limitarsi al possibile sembra invece una rinuncia alla passione morale, sembra pragmatismo da meschini. Ma la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole con cui ci si fa gioco dell’umanità e dell’uomo e delle sue possibilità. Non è morale il moralismo dell’avventura, che tende a realizzare da sé le cose di Dio. Lo è invece la lealtà che accetta le misure dell’uomo e compie, entro queste misure, l’opera dell’uomo. Non l’assenza di compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività politica(su quest’ultimo punto richiamo la pagina di Dietrich Bonhoeffer sulla morale politica alla quale l’anno scorso ho dedicato alcune riflessioni). Col che tutti i devoti cultori dei “valori non negoziabili” hanno qualche cosa di molto serio su cui meditare.

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