PAESI BASSI: L’INDICIZZAZIONE CONDIZIONALE PER PROMUOVERE L’OCCUPAZIONE DEI GIOVANI

LA STRAORDINARIA ESPERIENZA OLANDESE DI POLITICA DEL LAVORO E DEL WELFARE MIRATA ALL’INCREMENTO DELL’OCCUPAZIONE NELLE FASCE MARGINALI DELLA FORZA-LAVORO

Scheda elaborata appositamente per questo sito da Maurizio Ferrera, professore di Politiche sociali e del Lavoro nell’Università di Milano – settembre 2012

Come l’Italia oggi, i Paesi Bassi degli anni Ottanta erano caratterizzati da tassi di occupazione fra i più bassi d’Europa.
Alla fine del decennio il rapporto fra inattivi (persone fra 18 e 65 anni che non partecipano al mercato del lavoro) e occupati (persone fra 18 e 65 anni che partecipano al mercato del lavoro e hanno un’occupazione) era vicino all’85%:
più del doppio rispetto alla fine degli anni Sessanta.
Nel 1989 si formò un governo di grande coalizione guidato dal democristiano Lubbers, con un programma incentrato sui temi dell’occupazione. Il leader socialdemocratico Wim Kok era il titolare dell’Economia. Una delle condizioni poste dai socialdemocratici per entrare nel governo era il ripristino dell’indicizzazione di salari e trasferimenti,
temporaneamente congelata dal precedente governo. Secondo autorevoli previsioni, tornare alla “scala mobile” avrebbe però avuto conseguenze negative sia sul mercato del lavoro sia sui conti pubblici. Venne perciò pensato un
meccanismo di indicizzazione condizionale. Si fissò un limite invalicabile del tasso I/E (inattivi/occupati), prendendo come valore di riferimento l’ 82%. In caso di superamento di tale valore, il governo si riservava la possibilità di
sospendere l’indicizzazione di  salari e trasferimenti, in tutto o in parte.
L’indicatore rimase al di sotto del valore di riferimento nel 1990, 1991 e 1992: l’indicizzazione venne perciò ripristinata e applicata al 100% , Nel 1993 tuttavia l’indicatore sforò il valore di riferimento e così avvenne anche nel 1994 e 1995. In tutti e tre gli anni l’indicizzazione fu sospesa. Nel 1996 il valore ridiscese sotto la soglia e ha continuato da allora a migliorare.
Inizialmente ostili al provvedimento, i sindacati finirono per internalizzarne rapidamente il vincolo sia sul versante
delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva, sia su quello della riforma di welfare e mercato del lavoro. Nel 1993 venne siglato un ampio patto sociale fra governo e sindacati, chiamato Nuovo Corso, riguardante la contrattazione decentrata, gli orari di lavoro, i contratti part-time e la struttura del costo del lavoro. Nello stesso anno vennero avviate riforme su due schemi di protezione sociale largamente abusati e inefficienti: le pensioni di invalidità e le indennità di malattia. Fra il 1995 e il 2000 venne riformata l’assicurazione contro la disoccupazione e introdotto un articolato sistema di flexsecurity.
La seconda metà degli anni Novanta è ricordata come la fase del “Miracolo Olandese”, per usare l’espressione di Jelle Visser e Anton Hemerijck. Il tasso di partecipazione crebbe di quasi 15% fra il 1995 e il 2005, soprattutto fra giovani e donne.

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