LA STRADA PER LA CRESCITA PASSA PER UN ACCORDO CON L’UE SU RIFORME INCISIVE

PER TROVARE LE RISORSE NON POSSIAMO PUNTARE SU UN ALLENTAMENTO DEI VINCOLI DI BILANCIO UE: DOBBIAMO PUNTARE  SULLO SCAMBIO TRA UN PACCHETTO PRECISO DI COSE DA FARE E MISURE CHE CONSENTANO NUOVI GRANDI INVESTIMENTI

Intervista a cura di Michele Cozzi, pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno il 20 febbraio 2014

Senatore Pietro Ichino, siamo in una fase cruciale per la nascita del nuovo governo. Si parla troppo di posti e ancora poco di programmi. Quali devono essere le priorità da cui partire?
In estrema sintesi: un rapporto di lavoro più semplice, snello e meno costoso: occorre semplificare la normativa e ridurre subito in modo netto il cuneo fiscale e contributivo. Inoltre: riduzione del debito attraverso la valorizzazione della parte di patrimonio pubblico poco o male utilizzata; riduzione della pressione fiscale attraverso al riduzione della spesa corrente; razionalizzazione del funzionamento delle amministrazioni pubbliche ispirata ai principi della trasparenza totale, della valutazione dei risultati e del benchmarking.

Il suo nome circola tra i papabili per il ministero del Lavoro. Lei in passato ha detto che ripartirebbe dalla riforma Fornero. Non va un po’ controcorrente?
Nella legge Fornero del giugno 2012 ci sono alcune cose sbagliate, che vanno corrette: mi riferisco per esempio alla norma processuale per le cause in materia di licenziamenti, all’allungamento del periodo minimo tra contratti a termine, e ad alcune norme che complicano assurdamente la vita a chi gestisce rapporti di lavoro, come la norma in materia di dimissioni. Il mio progetto del Codice semplificato, del resto, implica la sostituzione di tutta la legislazione precedente. In materia di ammortizzatori sociali, però, la legge Fornero ha compiuto una riforma di fondamentale importanza, che va difesa, completata e accelerata nella sua progressiva entrata in vigore.

Lei in passato è stato considerato il consigliere economico di Renzi. Che dice delle ultime proposte sul Jobs Act?
Credo che ci sia una larga convergenza tra il programma di Renzi in materia di lavoro e il primo capitolo del documento “Impegno Italia 2014”, presentato da Letta mercoledì scorso, anche se fuori tempo massimo. Per la maggior parte sono proposte che coincidono con il programma di governo presentato da Scelta Civica, alla cui elaborazione ho dato un contributo non secondario. Dunque non posso che darne un giudizio molto positivo.

Ci sono differenze sostanziali con la sua idea di assumere giovani senza applicare l’art. 18?
Questo lo sapremo presto. Se guardo al documento presentato da Enrico Letta, non vedo differenze sostanziali. In sostanza, si tratta di sostituire al vecchio meccanismo di protezione, basato su di una sorta di ingessatura del rapporto di lavoro, un meccanismo fondato sulla coniugazione tra la massima possibile flessibilità delle strutture produttive con la massima possibile sicurezza economica e professionale delle persone nel passaggio da un posto all’altro. Per i giovani, per tutti coloro che cercano un posto di lavoro, questa soluzione è molto migliore, dal momento che il posto fisso tradizionale con applicazione dell’articolo 18 per loro è diventato difficilissimo da raggiungere.

Renzi propone l’abbattimento dell’Irap e dei costi energetici. Si possono  attuare senza far saltare i conti?
Per quel che riguarda l’Irap, se il provvedimento è limitato ai nuovi rapporti di lavoro di carattere incrementale, cioè aggiuntivi rispetto all’organico aziendale, senz’altro sì. Il discorso sui costi energetici è più complesso; ma anche lì si può fare moltissimo, anche senza far saltare gli impegni assunti con l’UE.

Ma è possibile avviare una nuova fase espansiva dell’economia con i vincoli  europei che impongono scelte obbligate sul rispetto dei conti?
Non la si avvia se non rispettando quei vincoli. Il giorno che incominciassimo a sforare, anche solo per 10 miliardi, ci ritroveremmo immediatamente 10 miliardi in più di interessi sul debito pubblico. Non ne varrebbe davvero la pena. Invece ci sono enormi sprechi da eliminare: pensi solo ai fiumi di denaro che spendiamo per società controllate da Stato ed enti locali, che servono a poco o a nulla. E risorse da recuperare e incrementare con riforme incisive.

Per esempio?
Noi dovremmo andare a Bruxelles con un pacchetto di riforme precise, nero su bianco, come il Codice semplificato del lavoro, o il nostro progetto per la promozione delle eccellenze nella didattica e ricerca universitaria fondato sugli income contingent loans. E stipulare l’accordo bilaterale previsto dai trattati: noi facciamo queste riforme e l’UE investe fondi raccolti con gli eurobond sull’ammodernamento delle nostre infrastrutture. È così, tra l’altro, che si costruisce l’Europa: incominciando a allargare il bilancio comunitario in questo modo.

Lei ha presentato la proposta sul contratto di ricollocazione. Cosa comporterebbe?
È l’unico strumento che consente una stretta coniugazione tra le politiche passive del lavoro, cioè il sostegno del reddito dei disoccupati, e le politiche attive, cioè le misure per il loro reinserimento effettivo nel tessuto produttivo. Per i dettagli devo rinviare all’apposito portale attivato sul mio sito.

Il Sud non sembra trovare molta attenzione nella narrazione renziana. Lei come ministro da dove partirebbe ?
Dalla capacità delle Regioni del Mezzogiorno di attirare sul proprio territorio il meglio dell’imprenditoria straniera. Per questo, però, occorre andarla a cercare, e saper negoziare le condizioni dell’insediamento. Senza lanciare messaggi negativi, come abbiamo fatto con Marchionne per lo stabilimento di Pomigliano.

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