I BUONI EFFETTI DELLA NUOVA ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO A POMIGLIANO

UNA RICERCA SOCIOLOGICA RIGOROSA DÀ CONTO DELLA SODDISFAZIONE ESPRESSA DAI LAVORATORI DELLO STABILIMENTO – OCCORRE CHIEDERSI PERCHÉ TANTI SINDACALISTI, INTELLETTUALI E POLITICI PRIMA HANNO TIFATO CONTRO, E POI, ANCORA OGGI, SI OSTINANO A NEGARE L’EVIDENZA DELLA BUONA QUALITÀ DEL PIANO INDUSTRIALE DI MARCHIONNE

Saggio di Paolo Feltrin, professore di sociologia nell’Università di Trieste (che ringrazio dell’autorizzazione a pubblicare questa anticipazione), che compare come capitolo 8 del libro di AA.VV., Le persone e la fabbrica: una ricerca sugli operai Fiat-Chrysler in Italia, Guerini Editore, dicembre 2015 – In argomento v. anche i miei editoriali telegrafici del 18 aprile 2015 Fiat-Chrysler 1. Se nel 2010 avesse prevalso il “No” della Fiom e  Fiat-Chrysler 2. L’autocritica che non abbiamo sentito da Bersani e Letta; la mia Lettera sul Lavoro pubblicata dal Corriere della Sera il 24 gennaio 2012, Pomigliano: quando la sinistra sbaglia il bersaglio; il dialogo tra un lavoratore della Fiat e un sindacalista della Fiom, La vera colpa di Marchionne, settembre 2012 – Del libro farò omaggio nei giorni prossimi a Ritanna Armeni, autrice de Lo squalo e il dinosauro. La Fiat spiegata a Pietro Ichino, (sottotitolo modificato, in una edizione successiva, in Vita operaia nella Fiat di Marchionne), Ediesse, 2012  

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La pagina iniziale del saggio di Paolo Feltrin

In questo breve commento non serve riprendere i numeri della bella ricerca presentata in questo volume. Le tabelle parlano da sole e raccontano con dovizia di dettagli una storia di miglioramento delle condizioni del lavoro in Fiat, ben percepito e apprezzato dai lavoratori1. La riflessione deve affrontare le tre questioni di fondo poste – a mio avviso – dalla ricerca e tra loro intrecciate: a) perché alcune aziende investono così tante risorse in complessi modelli di organizzazione dei processi produttivi del tipo del WCM, a che pro, con quali obiettivi di medio-lungo periodo; b) quali sono le conseguenze per i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali dell’avvento di questi modelli organizzativi (in attesa di definizioni migliori, li chiameremo post-lean production); c) perché tanti sindacalisti, intellettuali e politici prima hanno tifato contro, e poi, ancora oggi, si ostinano a negare l’evidenza, sostenendo che si tratta di alienazione mascherata da ideologia, che non c’è nulla di nuovo sotto il sole, che tanto qualcosa in Fiat andrà sicuramente storto nel prossimo futuro. Senza entrare nei giudizi sui singoli aspetti del lavoro in Fiat e delle valutazioni associate a specifici contesti – produttivi, territoriali, sindacali – dalla ricerca emerge con nettezza la forte correlazione tra investimenti aziendali e benessere organizzativo. Prima ancora del coinvolgimento e della partecipazione – che rappresentano solo un aspetto, per quanto centrale, del nuovo sistema di produzione – sembra essere innanzitutto la quantità degli investimenti sui processi, sulle strutture, sui siti produttivi, e non ultimo sul management, a spiegare la soddisfazione e l’engagement dei lavoratori. Il benessere organizzativo – detta in modo più diretto: il consenso operaio – rappresenta una risorsa strategica per l’azienda, la precondizione per il raggiungimento degli obiettivi. Cambiano le stesse abilità richieste all’operaio di linea, tanto da poterlo definire, anche qui in attesa di migliori concettualizzazioni, come lavoratore manual-cognitivo. […]

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