UN DIFETTO DI COERENZA DELLA RIFORMA FORNERO DELLE PENSIONI?

Un lettore lamenta un criterio di calcolo delle pensioni introdotto dalla riforma Fornero del 2011 che penalizza i titolari di redditi più elevati – Perché credo che quella disposizione sia giustificata

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Lettera pervenuta il 15 dicembre 2017 – Segue la mia risposta – In argomento v. anche
In difesa della Fornero (intesa come legge, ma anche come Elsa)     ..
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Gentile Professore,
con un minimo di ritardo, anche rispetto ai Suoi ultimi interventi in materia su questa Nwsl (ancora elogiativi del sistema instaurato con la “Legge Fornero” e successive modifiche) vorrei tornare sul tema in oggetto (che resta comunque sempre di grande attualità).

Lamberto Dini

Lamberto Dini

Lo faccio perché sono curioso di conoscere il Suo pensiero su un aspetto della normativa in questione poco conosciuto e di cui nessuno mai parla e cioè:
la norma prevede che dal 1° gennaio 2012 l’ importo della pensione venga calcolato con il sistema “contributivo “ (cioè legato ai contributi versati) per tutti, anche per coloro per i quali la “Legge Dini” aveva previsto il mantenimento del sistema “retributivo” (cioè legato alle retribuzioni degli ultimi anni di lavoro).
Si genera quindi per costoro un sistema di calcolo “misto”.
Ciò determina, nella generalità dei casi, una penalizzazione rispetto al “retributivo puro”, l’importo della pensione si riduce ma il principio (riscuoti in base a quello che hai versato), di massima, può anche essere condivisibile.

Elsa Fornero

Elsa Fornero

Quello che nessuno dice però (e quindi pochi sanno) è che, al momento del pensionamento, il calcolo viene fatto, da parte dell ‘INPS, con entrambi i sistemi (retributivo puro e misto) ed al lavoratore pensionando viene sempre applicato quello più sfavorevole, vale a dire che, se per effetto dei contributi versati (evidentemente “abbondanti “) il sistema misto determina un importo di pensione superiore rispetto al retributivo puro si applica quest’ultimo in barba al principio del “riscuoti in base a quello che hai versato “ ed in ossequio invece al principio per cui “ in tutti i casi ti f..go”.
Da “estimatore” della “Legge Fornero” quale Lei è vorrebbe cortesemente commentare tutto ciò?
Non Le sembra che il cittadino venga trattato, ancora una volta, da “suddito sciocco” e/o da “ostaggio “ di uno stato (la “minuscola” è voluta) rapace?
È forte la curiosità di conoscere il Suo pensiero. Grazie
S.S.

Non è un arbitrio dell’Inps: è la legge Fornero del 2011 che dispone in questo senso. Il motivo per cui la disposizione è stata inserita nella legge è che la situazione individuale descritta (pensione calcolata con il sistema contributivo superiore a quella calcolata con il sistema retributivo) si verifica, di fatto, soltanto all’esito di carriere lavorative di alto livello professionale e retributivo: la logica della disposizione è dunque essenzialmente redistributiva, così come redistributiva è la logica del “contributo di solidarietà” imposto sulle retribuzioni che superano il massimale contributivo. Comprendo bene che si possa dissentire da questa logica. Quanto al mio pensiero in proposito, poiché mi si chiede di pronunciarmi sul punto, pur senza certezze incrollabili concordo con la scelta compiuta nel 2011: in quel momento l’intero sistema economico italiano era esposto a un rischio di collasso gravissimo ed era giusto che per salvare il Paese si chiedesse di più a chi aveva i redditi più alti. Anche oggi, del resto, il sistema previdenziale è gravemente a rischio: l’equilibrio raggiunto nel 2011 si basa sul presupposto che la base produttiva resti almeno inalterata, mentre la prospettiva demografica è quella di una riduzione del dieci per cento della forza-lavoro italiana nell’arco dei prossimi vent’anni.  Se fossi nel lettore S.S. mi preoccuperei del rischio che nell’arco di due decenni il sistema non sia più in grado di pagare le pensioni già maturate, piuttosto che di un modesto sacrificio imposto dalla riforma che sei anni or sono ha consentito al sistema di restare in piedi.     (p.i.)

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