QUEGLI 82,4 POSTI DA TEMPO SCOPERTI OGNI 100 DISOCCUPATI

Perché da noi deve essere solo un sogno l’idea di uno One Stop Shop, dove, come nei Paesi più civili, chiunque possa trovare tutte le informazioni sui percorsi e i servizi necessari per accedere ai moltissimi lavori disponibili?

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Primo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 509, 4 novembre 2019 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico del 17 ottobre scorso, Aziende che chiudono: come si uccide il buon senso; inoltre la relazione che ho svolto a un convegno il 16 settembre scorso, La formazione efficace e lo scandalo dello skill shortage.
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Nella mia città, Milano, per ogni 100 disoccupati ci sono 82,4 posti di lavoro da tempo scoperti per mancanza di persone in grado di ricoprirli. In tutta Italia le cosiddette situazioni di skill shortage sono 1,2 milioni: basterebbero per risolvere tutti e 160 i “tavoli di crisi” aperti al ministero dello Sviluppo e ancora ne avanzerebbe più del 90 per cento. Sono distribuiti in tutti i settori e a tutti i livelli professionali. Per fare soltanto qualche esempio tra i molti, cercano operai e non ne trovano i carrozzieri, i pasticceri, i supermercati per i reparti macelleria, le botteghe artigiane di tutti i settori. Più in su, c’è gran penuria diplomati di ITS (Istituti Tecnici Superiori), di informatici, di medici, di infermieri, di ingegneri, e l’elenco continua ancora a lungo. Che cosa impedisce a disoccupati e giovani alle prime armi di andare a occupare quei posti? Il fatto è che manca un luogo dove ciascuno di loro possa trovare chi lo informa su quegli enormi giacimenti occupazionali inutilizzati e sui percorsi formativi che possono darvi accesso. Sogno quel luogo: un grande salone a un passo dal Duomo, dentro City Life, a piazza Gae Aulenti, in cui ogni persona può trovare un vero esperto – oltralpe non lo chiamano navigator ma job advisor, e ha studiato due anni dopo la laurea per diventarlo che traccia il suo profilo, individua le sue aspirazioni e le sue capacità, le indica i percorsi più sicuri per accedere al più accessibile tra quei 1,2 milioni di posti disponibili, fornendole l’antidoto migliore contro le truffe: per ciascun corso la percentuale di sbocchi occupazionali effettivi coerenti con la formazione impartita negli ultimi anni. E lì si trova anche il job advisor specializzato per le situazioni più difficili, che sa indirizzare il disabile, il pregiudicato appena uscito dal carcere, l’immigrato che sa solo due parole di italiano, a strutture specificamente dedicate a ciascun handicap da neutralizzare. Un centro di orientamento come questo in ogni città costerebbe troppo? No, costa molto di più mantenere il nostro esercito di disoccupati e di cassintegrati a zero ore a tempo indeterminato. Oltralpe lo chiamano One Stop Shop. Perché da noi deve essere soltanto un sogno?

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