UTOPIA O PROFEZIA? LA RIVOLUZIONE INTELLIGENTE DEL LAVORO

Un diverso modello di incontro fra domanda e offerta del lavoro e una trasformazione del ruolo del sindacato, al servizio di un sistema di relazioni industriali capace di recuperare la propria centralità e la propria autonomia nell’era della globalizzazione e dell’intelligenza artificiale

U.
Recensione del libro L’intelligenza del lavoro a cura di Andrea Del Re, pubblicata sul bimestrale Idee di Governo, n. 11, novembre 2020 – Le altre recensioni del libro sono facilmente reperibili attraverso la pagina a esso dedicata   .
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Ancora una volta Pietro Ichino, il noto giuslavorista, già senatore e profondo conoscitore del mercato del lavoro ci sorprende con un libro che ha dell’avveniristico, come dal titolo della pubblicazione, L’intelligenza del lavoro. Quando sono i lavoratori a scegliersi l’imprenditore, editore Rizzoli.

L’Autore parte dalla considerazione statistica che abbiamo milioni di disoccupati che potrebbero (quanto meno oltre un milione) trovare un posto di lavoro se solo il nostro sistema di informazione ed orientamento fosse adeguato.

I nostri servizi di orientamento professionale e di formazione, che possono rendere i lavoratori capaci di rispondere alle esigenze delle imprese di personale qualificato, sono praticamente inefficienti.

Nei paesi dell’Unione (vedi Danimarca) il Job Advisor è figura essenziale nel mercato del lavoro: e non è improvvisato come i nostri navigators.

Dopo la laurea, è tenuto a seguire un master triennale che gli insegna come seguire i trend dei bisogni delle imprese quanto all’occupazione al fine di far incontrare le reciproche domande.

Nelle città più grandi del Paese (ripetesi Danimarca, ed U.K ad esempio) si trovano nelle piazze principali degli Work Spot in cui i Job Advisors sono quotidianamente a disposizione di chi cerca un lavoro.

Ovviamente la ricerca può richiedere un giorno come più giorni a seconda delle reciproche esigenze: si aggiunga che, se il disoccupato fosse disposto ad imparare il mestiere per cui c’è ricerca, il Job Advisor lo mette in contatto con l’azienda la quale gli offre (lei stessa) un corso di formazione al suo interno per “educarlo” alla prestazione (una specie del nostro apprendistato con la diversità che alla fine del corso che può durare dai 6 mesi ad un anno il lavoratore è subito assunto full time).

L’altro tema, il più rivoluzionario del libro, è quello per cui dovrà essere il lavoratore ad ingaggiare il “suo” datore e non l’opposto come avviene oggi.

I lavoratori dovranno essere addestrati ad avere una particolare capacità di conoscenze e capire in tutti i suoi aspetti il mercato del lavoro in modo da poterlo utilizzare a proprio vantaggio.

Da qui deriva l’altra conseguenza, ovvero la nuova funzione del Sindacato, che, rinunciato il suo preminente ruolo di antagonista dell’imprenditore, dovrà diventare “l’intelligenza collettiva dei lavoratori” nel senso, appunto, di collaborare con gli stessi lavoratori e con le imprese per trovare l’ottimizzazione delle risorse professionali tali da trarre il miglior impiego per gli uni e per le altre.

Un sindacato, quindi, che abbandona la logica della classica contrapposizione di stampo marxista per arrivare alla intermediazione più “intelligente” nel rapporto lavoro risorse umane-capitale.

In questo senso, dice Ichino, la forza del lavoro non è più mera offerta di energie psico-fisiche, ma è essa stessa un “capitale” nel vero senso economico della parola da reinventare nelle relazioni industriali della nuova era tecnologica: insomma un Sindacato 4.0.

A questo riguardo, Ichino rimane favorevole al pluralismo sindacale proprio al fine di incentivare, fra le varie sigle, quella concorrenza ad una maggiore manifestazione di implementazione dell’intelligenza collettiva che rafforzi innanzitutto il capitale–umano in modo da realizzare insieme al capitale-finanziario la migliore e più efficiente impresa.

Insomma, per concludere, l’intelligenza prima di tutto !!

Ed è per questo che concludiamo come abbiamo iniziato: utopia o profezia ?

Non possiamo che augurarci la seconda per il progresso economico del nostro Paese, che passa inevitabilmente nell’ottimizzazione delle relazioni industriali, sempre così difficili negli ultimi settant’anni della nostra storia.

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