CHI PER PRIMO HA TARPATO LE ALI AD ALITALIA

OVVERO: I PRIMI PASSI DELLA NOSTRA COMPAGNIA DI BANDIERA VERSO IL PRECIPIZIO

pubblicato su Il Riformista, 31 marzo 2008
(con l’aggiunta di una postilla dopo la rottura con Air France)

Lo stesso Silvio Berlusconi, che nei giorni scorsi ha ripetutamente intralciato la trattativa tra Alitalia ed Air France con annunci fantasiosi di cordate italiane inesistenti (poi derubricati ad “appelli patriottici”), nel 1994 era a capo del Governo che mise il primo grosso bastone nelle ruote del risanamento della nostra compagnia di bandiera, imponendole di accreditare al proprio interno il peggiore sindacalismo autonomo. E, nel 2005, era a capo del Governo che al piano di risanamento diede il colpo di grazia con un intervento sostanzialmente identico; e non mosse neppure un passo sulla via della privatizzazione. Le note che seguono sono una sintesi delle pagine dedicate a quella vicenda nel mio libro A che cosa serve il sindacato? (Mondadori, 2005; Oscar Bestsellers, 2007).

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Nel 1994 la nostra compagnia di bandiera, già in situazione economica critica, avvia con Cgil Cisl e Uil una difficile trattativa sulle misure necessarie per riallineare la propria organizzazione e i propri costi del lavoro rispetto alle compagnie concorrenti. Una parte – ancora piccola – dei suoi assistenti di volo abbandonano i sindacati confederali, rifiutando la loro disponibilità per quella trattativa, e danno vita al sindacato autonomo Sulta. Alitalia, esercitando una facoltà pacificamente attribuitale dallo Statuto dei lavoratori, rifiuta di riconoscere il nuovo sindacato autonomo, anche per non favorire una pericolosa frammentazione del fronte sindacale. Senonché il ministro dei trasporti del Governo Berlusconi, Publio Fiori, interviene a imporre il riconoscimento del Sulta, presumibilmente con l’intento di indebolire i sindacati confederali e di guadagnare qualche consenso elettorale tra i lavoratori dissenzienti.
Rafforzato dal riconoscimento e dal godimento dei conseguenti diritti sindacali privilegiati, il Sulta – che nel 2002 cambia la propria sigla in Sult ‑ incomincia a crescere in seno ad Alitalia; e incomincia a praticare una linea via via più aggressiva. Un uso sempre più spregiudicato dello sciopero, in contrapposizione alla maggiore moderazione dei sindacati confederali, gli consente di presentarsi ai lavoratori come difensore più intransigente ed efficace dei loro interessi.
1999 – La compagnia olandese KLM, che ha firmato un preliminare di fusione paritaria con Alitalia, paga una penale molto elevata per sottrarsi a quella che ora considera una trappola. Con fair play nordico, il suo amministratore delegato commenta: “non siamo adatti al vostro sistema di relazioni industriali”.
Giugno 2003 – Un episodio emblematico: il Sult respinge seccamente, per l’ennesima volta, la proposta di ridurre di una unità il numero degli assistenti di volo in cabina, al fine di allineare per questo aspetto l’Alitalia alle altre maggiori compagnie aeree europee. La Direzione aziendale adotta quella misura con un atto unilaterale. Il giorno successivo, poiché le norme vigenti non consentono la proclamazione dello sciopero senza preavviso, viene lanciata la parola d’ordine sostitutiva: mettersi in malattia. Un migliaio di assistenti di volo aderiscono. Centinaia di voli vengono cancellati senza preavviso.
24 settembre 2004 – Il Sult è il solo sindacato a rifiutare il piano di riassetto industriale di Alitalia. Ma la sua capacità di interdizione è forte, perché ha l’adesione di circa il 20% dei 4000 assistenti di volo Alitalia (nonostante che questi siano soltanto il 4% rispetto ai 22000 dipendenti dalla compagnia).
26 febbraio 2005 – Il Sult è il solo sindacato a rifiutare di sottoscrivere un nuovo accordo aziendale volto a salvare 900 posti di lavoro mediante un contributo di solidarietà di tutti gli assistenti di volo.
I conti peggiorano, la conflittualità aumenta. Nel solo primo semestre del 2005 all’Alitalia vengono proclamati scioperi per un totale di 496 ore, a fronte delle 248 del primo semestre 2004; ed effettuati scioperi per un totale di 96 ore, a fronte delle 52 del primo semestre 2004. Di questi, alcuni scioperi proclamati dal Sult vengono sanzionati come illegittimi dalla Commissione di Garanzia.
5 agosto 2005 – La Direzione Alitalia, forte anche di una sentenza favorevole del Tribunale di Roma, comunica la decisione di sospendere ogni rapporto negoziale con il Sult, in quanto sindacato non firmatario di alcun contratto collettivo applicato in azienda, nonché a causa della sua indisponibilità a rispettare le regole poste dalla Commissione di Garanzia.
11 agosto 2005 – Il Sult reagisce proclamando provocatoriamente uno sciopero di due giorni di fila, il 30 e il 31 agosto, in pieno periodo di franchigia e nel momento più critico dell’estate.
20 agosto 2005 – Il ministro del lavoro del Governo Berlusconi Roberto Maroni rilascia una dichiarazione pubblica nella quale bolla come “inaudita” la scelta di Alitalia di interrompere le relazioni sindacali con il Sult. E due giorni dopo, in aperta polemica con il consiglio di amministrazione di Alitalia, convoca il sindacato autonomo.
28 agosto 2005 – Dichiarazione del ministro Maroni riportata dalla stampa: “Se l’azienda [Alitalia] ha deciso di escludere dal dialogo il Sult, allora si becchi gli scioperi. È una sua responsabilità”.
Nel frattempo, le perdite di Alitalia hanno raggiunto e superato il livello di un milione di euro al giorno; ma quello stesso Governo Berlusconi, che si attiva con tanta determinazione in difesa del peggiore sindacalismo autonomo dentro Alitalia, non muove un dito per avviare la privatizzazione dell’impresa.

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Nei due anni della legislatura successiva, lo stesso Silvio Berlusconi – in veste di grande imprenditore privato – non mostra alcun interesse nei confronti della gara internazionale aperta a questo scopo dal Governo Prodi. E si capisce: neanche lui può improvvisarsi grande vettore aereo internazionale da un giorno all’altro. Come può pensare, dunque, con questa storia recente alle spalle ‑ come politico e come imprenditore ‑ di essere credibile oggi quando chiede agli italiani di fidarsi delle sue strategie per il salvataggio di Alitalia?

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Qui terminava il mio editoriale pubblicato l’altro ieri.
Oggi (mercoledì 2 aprile) apprendiamo che da questa lunga storia di errori neppure il sindacato confederale ha saputo trarre gli insegnamenti che avrebbe dovuto: la sua incapacità di negoziare con realismo la sola ipotesi di salvezza che ancora si presentava ha portato alla rottura della trattativa con il solo grande vettore internazionale ancora disponibile per tentare questa difficile impresa. Come già KLM nel 1999, ora anche Air France scappa da un sistema ostile agli operatori stranieri.
Ora possiamo tenerci tutta per noi, italianissima, la nostra compagnia di bandiera, senza temere incursioni straniere. Berlusconi sarà contento: nessuno contenderà le spoglie di Alitalia alle cordate padane che vorranno spartirsele. Ma per Cgil, Cisl e Uil è una Caporetto, resa ancor più tremenda dal fatto che non si vede quale possa essere la linea del Piave.

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