PRIMO LEVI: IL RIFIUTO DELLA PREGHIERA BLASFEMA

Partecipo alla celebrazione del Giorno della Memoria proponendo un brano nel quale Primo Levi racconta come visse nell’intimo della sua coscienza uno dei passaggi  più atroci dell’esperienza del Lager (quello della c.d. “selezione”), nel quale pregare per la propria salvezza avrebbe significato chiedere a Dio la morte di un altro

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Brano tratto da I sommersi e i salvati (nella raccolta delle opere di Primo Levi, Einaudi, vol. II, pp. 1105-1106) – In argomento v. anche i brani proposti in occasione del Giorno della Memoria negli anni passati, raccolti nel Portale della Memoria  .

Primo Levi

[…] Anch’io sono entrato in Lager come non credente, e come non credente sono stato liberato ed ho vissuto fino ad oggi; anzi, l’esperienza del Lager, la sua iniquità spaventosa, mi ha confermato nella mia laicità. Mi ha impedito, e tuttora mi impedisce, di concepire una qualsiasi forma di provvidenza o di giustizia trascendente: perché i moribondi in vagone bestiame? perché i bambini in gas? Devo ammettere tuttavia di avere provato (e di nuovo una volta sola) la tentazione di cedere, di cercare rifugio nella preghiera. Questo è avvenuto nell’ottobre del 1944, nell’unico momento in cui mi è accaduto di percepire lucidamente l’imminenza della morte: quando, nudo e compresso fra i compagni nudi, con la mia scheda personale in mano, aspettavo di sfilare davanti alla “commissione” che con un’occhiata avrebbe deciso se avrei dovuto andare subito alla camera a gas, o se invece ero abbastanza forte per lavorare ancora Per un istante ho provato il bisogno di chiedere aiuto ed asilo; poi, nonostante l’angoscia, ha prevalso l’equanimità: non si cambiano le regole del gioco alla fine della partita, né quando stai perdendo. Una preghiera in quella condizione sarebbe stata non solo assurda (quali diritti potevo rivendicare? e da chi?) ma blasfema, oscena, carica della massima empietà di cui un non credente sia capace. Cancellai quella tentazione: sapevo che altrimenti, se fossi sopravvissuto, me ne sarei dovuto vergognare.

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