Come interrmopere il circolo sistemico tra la violenza inaudita dettata dall’intendimento di sterminio che anima Hamas e quella, enormemente dispari per entità, ma dettata da un intendimento simmetricamente identico, di Netaniahu e del suo Governo
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Intervento svolto in apertura del convegno su Gaza: l’umiliazione del diritto, dedicato alla memoria di mia sorella Giovanna (giudice penale nel Tribunale e poi nella Corte d’Appello di Milano), promosso da Magistratura Democratica e Area Democratica per la Giustizia nell’Aula Galli-Alessandrini del Palazzo di Giustizia di Milano il 1° ottobre 2025
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Poiché Giovanna e io proveniamo da una famiglia ebrea per parte materna, abbiamo vissuto fin da bambini, nei primi anni ’50, le ferite allora ancora apertissime per la persecuzione nazi-fascista, i racconti della Nonna nascosta sotto falso nome in montagna con mia madre e mio zio ancora ragazzi, il dolore per il suo cugino Eugenio Colorni ucciso in carcere, i racconti dell’altro cugino Enzo Sereni che aveva scelto di coltivare il suo ideale socialista partecipando alla fondazione di un kibbutz in Israele, l’ansia per la possibilità stessa di sopravvivenza del neo-nato Israele negli anni ’50 e ’60, i discorsi accorati del cugino Gillo Pontecorvo – il regista de La battaglia di Algeri – sulla necessità non solo di una convivenza pacifica, ma anche di una sostanziale osmosi tra il popolo di Israele e il popolo degli arabi di Palestina. Abbiamo palpitato di gioia per gli accordi di Oslo tra Rabin e Arafat del ’93, che hanno fatto balenare la possibilità di archiviare definitivamente mezzo secolo di guerra israelo-palestinese. E due anni dopo abbiamo vissuto come una catastrofe l’assassinio di Rabin, il cui fine dichiarato era di rimettere in moto la spirale dell’odio senza fine, la guerra di sterminio di un popolo contro l’altro.
Oggi, di fronte alla violenza inaudita dell’attacco di Hamas del 7 ottobre di due anni fa e ancora in atto, dettata da un intendimento dichiarato di sterminio, e alla violenza inaudita del contrattacco di Israele, enormemente dispari per entità ma dettata anch’essa da un intendimento simmetricamente identico del premier Netaniahu e del suo Governo, non rinuncio e sono sicuro che neanche Giovanna rinuncerebbe alla speranza che la comunità internazionale – pur destrutturata e dilaniata anch’essa – riesca nonostante tutto ad aiutare, a guidare, se possibile anche a forzare i due popoli a interrompere la spirale dell’odio e della distruzione reciproca senza fine. Riesca cioè – ed è questo il compito altissimo del diritto internazionale, oggetto principale di questo incontro – a far prevalere quello straordinario “gioco a somma positiva” fondato sull’apertura e il dialogo tra diversi, in cui Arafat e Rabin vollero credere trent’anni or sono; e di cui qualche secolo fa proprio un ebreo palestinese ci ha dato una testimonianza sconvolgente, mai quanto oggi viva e urgentemente attuale.
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