MANIFESTO DEI CANDIDATI DEL PARTITO DEMOCRATICO
Milano, 14 marzo 2008
Impegnati nel mondo del lavoro come rappresentanti dei lavoratori o degli imprenditori, o come studiosi, abbiamo accettato la candidatura nelle liste del Partito Democratico perché siamo convinti che la realizzazione del suo programma può migliorare incisivamente la competitività del nostro sistema economico, la qualità del nostro tessuto produttivo e le condizioni di sicurezza e benessere di tutti, a cominciare da chi è più a rischio di precarietà e povertà.
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OVVERO: I PRIMI PASSI DELLA NOSTRA COMPAGNIA DI BANDIERA VERSO IL PRECIPIZIO
pubblicato su Il Riformista, 31 marzo 2008
(con l’aggiunta di una postilla dopo la rottura con Air France)
Lo stesso Silvio Berlusconi, che nei giorni scorsi ha ripetutamente intralciato la trattativa tra Alitalia ed Air France con annunci fantasiosi di cordate italiane inesistenti (poi derubricati ad “appelli patriottici”), nel 1994 era a capo del Governo che mise il primo grosso bastone nelle ruote del risanamento della nostra compagnia di bandiera, imponendole di accreditare al proprio interno il peggiore sindacalismo autonomo. E, nel 2005, era a capo del Governo che al piano di risanamento diede il colpo di grazia con un intervento sostanzialmente identico; e non mosse neppure un passo sulla via della privatizzazione. Le note che seguono sono una sintesi delle pagine dedicate a quella vicenda nel mio libro A che cosa serve il sindacato? (Mondadori, 2005; Oscar Bestsellers, 2007). Continua…
Pubblicato il 21 febbraio 2008 sul Corriere della Sera in risposta alla lettera aperta di Franco Debenedetti
Caro Franco,
puoi immaginare quante risonanze abbia in me il tuo ammonimento. Accettare di tornare in Parlamento significa rinunciare non soltanto al mio lavoro di editorialista del Corriere, ma anche a quello di professore in un dipartimento universitario che ho contribuito a costruire dal nulla nel corso di un quarto di secolo e che considero uno dei migliori del Paese nel campo degli studi del lavoro e del welfare.
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Intervista a Pietro Ichino a cura di Rinaldo Gianola
Pubblicata su l’Unità del 25 febbraio 2008
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Intervista a Pietro Ichino
pubblicata su La Stampa il 7 marzo 2008
Tra lavoratori e imprenditori ci può essere conflitto sulla spartizione del frutto del loro comune lavoro; ma questo conflitto deve risolverlo, in piena autonomia, il sistema delle relazioni sindacali. Alla politica spetta invece di realizzare l’interesse di tutti a che la torta da spartire sia più grande possibile; e fare che in questo grande “gioco a somma positiva” nessuno resti escluso.
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Pubblicato su Iustitia, marzo 2007
Sommario
1. Che cosa non ha funzionato nelle riforme degli anni ’90?
2. L’opzione exit: introdurre nel rapporto fra utenti e amministrazioni pubbliche meccanismi di mercato, dove questi possono funzionare.
3. L’opzione voice e il “tesoro nascosto” del civic auditing.
4. Perché (e come) una authority per la garanzia della trasparenza e della valutabilità delle amministrazioni pubbliche.
5. Perché il sindacato confederale non può defilarsi.
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TRASPARENZA, VALUTAZIONE, BENCHMARKING SONO I PUNTI DI FORZA DELL’INIZIATIVA CON CUI LA REGIONE “MAGLIA NERA” VUOLE TRASFORMARSI IN LABORATORIO D’AVANGUARDIA DEL MIGLIORAMENTO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
Progetto elaborato dal Dipartimento di Studi del Lavoro e del Welfare dell’Università degli Studi di Milano su incarico della Presidenza della Regione Lazio. Hanno collaborato, sotto la direzione di Pietro Ichino, il gruppo romano composto da Riccardo Sisti, Andrea Tardiola e Simone Ursini, e il gruppo milanese composto da Lorenzo Bordogna, Massimo Pallini e Luca Solari – 19 gennaio 2008
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Diario minimo del lavoro
La serie di articoli pubblicati dal Corriere della Sera nell’estate 2006, dai quali è nato il libro I Nullafacenti. Perché e come reagire alla più grave ingiustizia della amministrazione pubblica.
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La serie di articoli in materia di politica del lavoro pubblicati dal Corriere della Sera nell’estate 2007
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Pubblicato in Guida al Lavoro – Il Sole 24 Ore, n.11, 11 marzo 2008
Perché e come sinistra e destra italiane hanno interiorizzato la parola d’ordine per cui “chi tocca l’articolo 18 muore” (politicamente, s’intende)
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